CARAVAGGIO a NAPOLI: 5 OPERE a CAPODIMONTE Un itinerario di visita nel museo napoletano tra Caravaggio e i Caravaggisti

Fermatosi egli un giorno su la porta dell’osteria del Ciriglio, preso in mezzo da alcuni con l’armi, fù da essi mal trattato, e ferito nel viso

Caravaggio ha ucciso un uomo: abbandona Roma in fretta e furia e inizia una fuga rocambolesca e avventurosa che lo porterà in varie città del sud Italia, sempre braccato e sempre in pericolo costante.

Il pittore lombardo si spingerà fino a Malta, nel cuore del Mediterraneo, per poi tornare indietro nella speranza di rientrare a Roma: una speranza che si dimostrerà del tutto vana.

Il passaggio e la sosta, per ben due volte, di

  • Caravaggio a Napoli

furono sì brevi ma allo stesso tempo portatori di grandiose novità in campo artistico. La modernità del Merisi ebbe un impatto decisivo sui pittori napoletani e non che operarono in città almeno fino alla metà del ‘600.

E la sua influenza è ancora avvertibile tra le sale del Museo di Capodimonte, dove abbiamo già ammirato alcuni dei capolavori senza tempo conservati in questo prezioso scrigno del sistema museale italiano.

Tra poco, invece, scopriremo quadri sublimi dove vivono ancora le luci e le ombre di quei pittori che operarono nel segno del Merisi, facendo del pittore lombardo quasi un feticcio: i Caravaggisti.

Ma prima torniamo al passaggio di Caravaggio a Napoli. Un passaggio formidabile per l’evoluzione della storia dell’arte in città.

Caravaggio a Napoli: storia di un fuggiasco

Napoli, ultimi giorni di ottobre dell’anno 1609.

All’osteria del Cerriglio un uomo, barba folta e occhi scuri e profondi, beve e gozzoviglia con piacere.

Sembra aver dimenticato l’angoscia di anni vissuti sul filo del rasoio, sempre al limite delle proprie possibilità.

Caravaggio a Napoli si sente sicuro e abbassa la guardia per un attimo: un errore grossolano che pagherà a caro prezzo.

Il pittore ha terminato i suoi bagordi. Tranquillo come non mai, posa qualche soldo sul bancone e si avvia satollo verso l’uscita.

Appena chiude la porta alle sue spalle e mette piede nel vicolo, in un batter d’occhio quattro uomini gli sono addosso.

L’artista scalcia e si dimena. Tre energumeni lo tengono con forza, quasi ad immobilizzarlo.

Il quarto, senza esitare, lo colpisce deciso con un fendente al viso.

Lo sfregio è compiuto. Il volto di Caravaggio porterà per sempre inciso sulla propria pelle il segno indelebile della vendetta.

Il secondo passaggio di Caravaggio a Napoli non sembra essere certo dei più rosei. Il pittore si riprenderà presto ma rimane il dubbio sugli autori di questo attacco premeditato.

Sono forse i familiari di Ranuccio Tomassoni, ucciso da Caravaggio tre anni prima nei vicoli di Campo Marzio a Roma al termine di una partita di pallacorda?

Oppure uomini mandati direttamente da Alof de Wignacourt, il potentissimo Gran Maestro dei Cavalieri di Malta?

Quasi certamente si tratta della vendetta personale di fra Giovanni Rodomonte Roero, conte della Vezza e cavaliere di giustizia dell’Ordine. Mai dimentico dell’aggressione subita a Malta dal nostro pittore nell’estate dell’anno precedente, durante una rissa scoppiata in casa di un altro membro dei Cavalieri.

Il passaggio di Caravaggio a Napoli non è solo violenza e intrighi, ma soprattutto arte senza tempo. Proprio come quella che ritroviamo nelle cinque tele del Museo di Capodimonte, che ora scopriremo insieme.

1 di 5: la Flagellazione di Caravaggio

È senza dubbio una dei quadri più famosi del Museo, benché l’avessi appena citato al termine dell’articolo “5 Opere al Museo di Capodimonte di Napoli”.

Una tela alta quasi 3 metri e dipinta – con buona probabilità – in due occasioni distinte. Nel 1607, durante il primo soggiorno di Caravaggio a Napoli e poi tra il 1609 e 1610 quando il Merisi, fuggendo da Malta, passò nuovamente per la città partenopea.

Sto parlando de la:

  • Flagellazione

La composizione è nota: sulla colonna, che quasi scompare come risucchiata dall’ombra profonda, si staglia il corpo scultoreo del Cristo coperto solo da un perizoma bianco e con in testa la corona di spine.

La figura ieratica del Cristo – col torso illuminato dalla luce radente – si contrappone idealmente ai corpi e ai volti abbruttiti degli aguzzini che con gesti secchi e precisi stanno predisponendo tutto il necessario per la tortura del Messia.

L’avventurosa e tragica vita del Caravaggio e la sua arte tormentata ebbero parecchie ripercussioni sulla scena artistica napoletana.

Se il Merisi non ebbe mai allievi nel vero senso della parola, il passaggio di Caravaggio a Napoli ebbe un’influenza profonda su alcuni pittori ben rappresentati a Capodimonte, come Artemisia Gentileschi e Battistello Caracciolo.

Vediamoli insieme.

2 di 5: Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi

Più che dal passaggio di Caravaggio a Napoli, Artemisia fu influenzata dal passaggio di Caravaggio nella sua vita. Il padre – Orazio Gentileschi, a sua volta importante pittore di quel periodo – fu grande amico del Merisi durante i suoi anni romani.

E l’eco di Caravaggio si percepisce deciso nelle composizioni della pittrice. Prendiamo come apice della sua carriera artistica, uno dei suoi quadri più famosi:

  • Giuditta e Oloferne

rappresentazione su tela della nota vicenda biblica.

La giovane vedova ebrea Giuditta si introduce insieme ad una ancella nella tenda del re assiro Oloferne. Sembra voler tradire il suo popolo, ma in realtà la donna fa ubriacare il capo degli invasori e lo decapita in modo da poter consegnare alla sua gente la testa mozzata del generale che li sta opprimendo.

Artemisia rende la scena ancora più terribile ed efferata: Giuditta è colta nel momento in cui sta decapitando Oloferne, il sangue sgorga copioso dal collo dell’invasore assiro macchiando abbondantemente il cuscino sui cui sta riposando.

A differenza di quanto riportato nella Bibbia, l’ancella di Giuditta partecipa attivamente al delitto mantenendo fermo Oloferne mentre la sua padrona lo sgozza.

Giuditta è decisa nella sua azione ma allo stesso tempo appare quasi disgustata e sembra ritrarsi all’indietro per non macchiare con gli schizzi di sangue il suo splendido abito.

Il quadro, risalente agli anni 1612-1613, è una citazione – sapientemente rivista dalla pittrice – della tela di Caravaggio intitolata proprio Giuditta ed Oloferne, altra grande opera del Merisi che oggi puoi ammirare nella Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma.

3 di 5: Cristo alla Colonna di Battistello Caracciolo

Il passaggio di Caravaggio a Napoli ebbe molti emuli ma, forse, tra tutti primeggia Giovanni Battista Caracciolo detto il Battistello.

A dimostrazione dell’ortodossia dell’allievo verso il maestro, sono le tante opere di Battistello esposte a Capodimonte. Tra queste ricordiamo il:

  • Cristo alla colonna

tela risalente al 1625 circa, malgrado la divisione della critica in merito alla datazione.

cristo alla colonna battistello caracciolo
"Cristo alla colonna" di Battistello Caracciolo #googleimages

Il quadro risente direttamente de la Flagellazione, lascito immenso delle soste di Caravaggio a Napoli.

Anche se nella tela di Battistello – probabilmente la sua creatura più riuscita – ai temi caravaggeschi si accostano i primi segni di una pittura più accademica, forse desunti dal viaggio fatto dall’artista napoletano a Firenze tra il 1617 ed il 1618.

L’opera è stata oggetto di un accurato restauro tra il 2005 ed il 2007. Operazione che ha permesso di portare “a nuova luce la colonna del supplizio e il gioco di mani tra il carnefice e la sua vittima” (Giuseppe Porzio).

4 di 5: Apollo e Marsia di Jusepe de Ribera

Corpi in disfacimento, una pennellata densa e pastosa e reminiscenze del luminismo caravaggesco.

Questi sono gli inconfondibili elementi stilistici del pittore di origini spagnole Jusepe de Ribera, conosciuto come lo Spagnoletto.

Il pittore arriva giovanissimo in Italia, e “incontra” il Merisi e la sua pittura già a Roma, prima del passaggio di Caravaggio a Napoli.

E gli elementi pittorici prima descritti li ritroviamo tutti nel capolavoro risalente al 1637 esposto a Capodimonte:

  • Apollo e Marsia

trasposizione su tela di un noto episodio mitologico.

La dea Atena fabbrica per sé un flauto che emette un suono incantevole. Ma le altre dee si fanno beffa di lei perché quando suona lo strumento, Atena deforma il viso in maniera innaturale.

La dea, stizzita, butta via il flauto e lancia su di esso una maledizione che si sarebbe estesa a chi lo avesse trovato e poi suonato.

Il satiro Marsia trova il flauto e inizia a suonarlo a meraviglia. Apollo, il dio della musica, geloso per la celebrità raggiunta dal satiro decide di sfidarlo: Marsia al flauto e Apollo con la lira.

Con un sotterfugio, il dio vince la sfida e punisce la superbia di Marsia appendendo il satiro ad un albero e scuoiandolo vivo.

Nel dipinto di Jusepe de Ribera, il flauto pende malinconicamente sulla destra, dallo stesso albero presso cui il dio Apollo punisce il satiro.

5 di 5: San Sebastiano di Mattia Preti

Anche Mattia Preti, noto come il Cavalier Calabrese, aveva appreso la lezione del Merisi già prima del passaggio di Caravaggio a Napoli.

Mattia Preti “conosce” Caravaggio negli anni giovanili del suo apprendistato a Roma tramite la cosiddetta Manfrediana Methodus.

Si tratta di una sorta di catalogo di figure e di scene di genere tratte dai quadri di Caravaggio, messe a sistema dal pittore Bartolomeo Manfredi e imitate da schiere di artisti italiani e stranieri alla disperata ricerca della magia del Merisi.

Quando Mattia Preti arriva a Napoli, intorno al 1653, è già un artista maturo ed affermato. E Caravaggio viene ripensato alla luce dell’insegnamento dei grandi maestri emiliani e del cromatismo veneziano.

L’opera di Preti presente a Capodimonte:

  • il San Sebastiano

è considerato una delle eccellenze dell’attività del Cavalier calabrese, definito da Roberto Longhi “capolavoro di figura isolata”.

L’opera, eseguita intorno al 1656, è caratterizzata dalla decisa torsione del corpo del santo (secondo la sperimentazione propria della scultura barocca), dalla visione fortemente scorciata dal basso e dalla luce mistica che piove dall’alto sulla scia del Caravaggio.

Errare humanum est

Il doppio passaggio di Caravaggio a Napoli rientra in quel peregrinare per il Mediterraneo – solo all’apparenza casuale – compiuto dal pittore lombardo dopo la sua fuga da Roma.

Altri saranno i lidi toccati dal Merisi prima del suo sfortunato (e mai riuscito) tentativo di rientrare a Roma.

Ed è possibile che incontreremo ancora una volta Caravaggio nei nostri articoli.

Forse in un luogo meno “caravaggesco” ma pur sempre carico di fascino, mito e arte.

In attesa di una nuova puntata delle nostre storie col pittore maledetto, non puoi mancare all’appuntamento dell’anno che si sta svolgendo proprio a Capodimonte.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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