
Isola di San Pietro, 1738.
In questo anno, per volere di Carlo Emanuele III di Savoia – re di Sardegna – nasce il borgo di Carloforte.
Si tratta, ancora oggi, dell’unico insediamento urbano presente sulla splendida Isola di San Pietro – appartenente geograficamente all’arcipelago del Sulcis e posta a pochi chilometri di distanza dalla costa sud-ovest della Sardegna.
La nascita di Carloforte, la provenienza dei suoi abitanti e il dialetto che si parla in questo lembo incantato dell’isola sarda sono la summa della mescolanza dei popoli e degli intrecci storici che nel corso dei secoli hanno fatto del Mediterraneo un’area di grande complessità dal punto di vista culturale e sociale.
È una folta comunità di pescatori genovesi ad insediarsi in quegli anni sulla parte occidentale dell’Isola di San Pietro, quella che guarda direttamente la Sardegna. Il re vuole fare le cose per bene e per tal motivo affida il progetto urbanistico del borgo all’ingegnere militare Auguste de la Vallée. In tal modo nulla viene lasciato al caso e Carloforte nasce con una possente cinta muraria per difendere l’abitato dalle eventuali scorrerie dei pirati.
Fin qui nulla di particolarmente strano. Quello che colpisce davvero è che la popolazione di Carloforte è sì di origini genovesi, ma non proviene dalla Liguria bensì dalle coste africane!
Ma come è possibile ciò?
Bisogna andare ancora più indietro nel tempo per capire le ragioni di quello che a prima vista sembra essere un evento paradossale. Negli anni ’40 del ‘500, infatti, la ricca famiglia genovese dei Lomellini invia nella tunisina isoletta di Tabarka, suo possedimento, dei pescatori originari di Pegli (oggi sobborgo della città di Genova) per poterne sfruttare i ricchi banchi di corallo.
I genovesi vivono per circa due secoli sulle coste del nord Africa, fino a quando le tensioni con le comunità locali e l’esaurimento del corallo li spinge a cercare nuovi lidi.
Da qui nasce Carloforte. E quando la comunità genovese si sposta nell’isola del Sulcis porta con sé le sue tradizioni e anche la sua lingua: si tratta del tabarchino (che prende il nome proprio dall’insediamento tunisino di Tabarka) una sorta di dialetto genovese – un po’ diverso per alcuni aspetti dalla lingua del capoluogo ligure – parlato ancora oggi dalla stragrande maggioranza degli abitanti di Carloforte e in altre aree dell’arcipelago del Sulcis.
Venendo parlato in aree piuttosto isolate come quelle del sud-ovest della Sardegna, il tabarchino è stato esposto a contaminazioni minori rispetto al genovese attuale e, per così dire, ne rappresenta la variante più pura.
Carloforte dal 1738 sorge sull’isola di San Pietro, che dal tempo dei Fenici, e malgrado le diverse dominazioni susseguitesi nel corso dei secoli, non aveva mai più ospitato un insediamento umano in pianta stabile.
Il borgo si caratterizza per il dedalo di vicoli che dalla linea di costa sale verso il centro storico, posto su un’altura prospiciente il mare. Le case colorate, l’insieme delle stradine, i resti delle fortificazioni, la magica atmosfera mediterranea sono gli aspetti più lampanti e genuini di questo borgo sul mare, dove tra il vociare dei tabarchini sembra quasi che i caruggi di Genova siano stati trasposti in questo angolo di Sardegna.