Il Museo del Bargello di Firenze Un percorso di visita tra Dante e Donatello

Ciacco, il tuo affanno / mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita; / ma dimmi, se tu sai, a che verranno / li cittadin de la città partita; / s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione / per che l’ha tanta discordia assalita

Ritorna la serie 1 museo in 5 opere con il:

  • Museo del Bargello di Firenze.

Forse non celeberrimo come gli Uffizi, il Museo del Bargello di Firenze conserva nelle sue sale opere straordinarie e porta con sé storie incredibili.

Storie fantasmagoriche legate non solo ai capolavori custoditi tra le sue mura ma allo stesso edificio. Il Museo del Bargello di Firenze, nel corso della sua lunga vita, è stato tante cose rimanendo sempre al centro degli eventi della città. Prima edificio pubblico, poi carcere e infine museo.

E tra tutte le storie possibili, ce n’è una che ritorna costantemente tra le sale del Museo del Bargello di Firenze. La storia ha come protagonista il sommo poeta, uno degli italiani più famosi di tutti i secoli. Proprio nel 2021, celebriamo i 700 anni dalla sua morte.

Forse avete capito già di chi si tratta. Ma prima di immergerci nel percorso di visita, è necessario capire il legame indissolubile che corre tra il sommo poeta e il Museo del Bargello di Firenze.

Il Museo del Bargello di Firenze: storia di una sentenza

Firenze, anno 1302.

Parole terribili riecheggiano nell’area: truffa, corruzione, baratteria, estorsione. Il tutto aggravato dal fatto che gli accusati e i condannati di simile malefatte sono delle autorità cittadine.

Il numero dei reati e degli illeciti non si conta nell’arringa del podestà Cante de’ Gabrielli da Gubbio. Le sue parole infuocate fanno tremare le mura del Bargello. La pena per i condannati è terribile e niente e nessuno potrà mai lavare via l’onta subita con questa ferma ed esemplare condanna.

È il 27 gennaio del 1302 quando sul cosiddetto “Libro del Chiodo” viene trascritta la condanna enunciata dal podestà. Una condanna che si abbatte tra capo e collo di alcuni dei priori di Firenze.

Una condanna che colpisce nell’animo e negli averi anche Dante Alighieri, a quel tempo impegnato attivamente nella movimentata vita politica dell’amata Firenze.

Una condanna che sa molto di rappresaglia politica, tenendo conto che i priori messi alla sbarra sono tutti guelfi di parte bianca. Mentre in quel momento a Firenze il potere è stato appena conquistato dai guelfi di parte nera, sostenuti da papa Bonifacio VIII.

Quasi sicuramente Dante non è a Firenze al momento della prima condanna. In quel periodo era impegnato in una importante ambasceria a Roma proprio presso il papa regnante. Passano i giorni e Dante non si presenta a pagare i 5.000 fiorini della pena. Soldi che l’autorità fiorentina aveva ritenuto essere un prezzo equo per le ruberie di cui era stato ingiustamente accusato il poeta.

Il 10 marzo dello stesso anno, sempre nelle sale del Bargello e sempre per mano del podestà Cante de’ Gabrielli, viene emessa la seconda terribile sentenza.

Dante sarebbe stato bruciato vivo sul rogo se solo avesse mai rimesso piede a Firenze.

Storia del ritratto di Dante

Il rapporto tra Dante Alighieri e il Museo del Bargello di Firenze è indissolubile. Molto prima che questo palazzo diventasse sede di un museo, Dante vi svolgeva le sue orazioni politiche. All’interno delle sue mura furono emesse le condanne, terribili e faziose, che nel 1302 portarono Dante al suo esilio da Firenze.

Un esilio che durò per tutta la vita del sommo poeta. Dante, infatti, morì a Ravenna nell’anno 1321 (esattamente 700 anni fa) senza mai più rientrare a Firenze.

Malgrado questo rapporto tumultuoso con Firenze, ancora oggi all’interno del Museo del Bargello di Firenze troviamo una vera e propria chicca storica. Nella Cappella della Maddalena, le guide turistiche ci mostrano con grande orgoglio il cosiddetto ritratto di Dante. Il sommo poeta, infatti, fa bella mostra di sé tra i personaggi del Paradiso nel ciclo pittorico tradizionalmente attribuito addirittura a Giotto.

Ciò significa che Dante, condannato all’esilio proprio qui nel 1302 e mai rientrato a Firenze in vita, veniva effigiato in queste sale appena qualche anno dopo la sua morte.

In così poco tempo, i fiorentini avevano già perdonato il sommo poeta? O forse l’eco della Commedia era giunto in terra toscana e Dante si era meritato di diritto un posto nel “Paradiso del Bargello”?

Difficile dirlo con certezza. Tenendo conto che sono tutt’ora apertissime le schermaglie tra studiosi sulla definizione della vera identità di quel volto. Anzi, al momento sembra trovare più credito la teoria che quel volto nella Cappella della Maddalena non sia il volto di Dante.

Breve storia del Museo del Bargello di Firenze

Sulla scorta delle parole di Giorgio Vasari secondo cui Giotto vi aveva dipinto il suo amico Dante, per tanto tempo si è cercato quel volto. E finalmente nel 1840 il profilo saltò nuovamente fuori. E da quel momento nessuno ha mai smesso di credere che quello fosse realmente il ritratto di Dante.

E l’immagine di Dante che ognuno di noi ha in mente è figlia proprio di quel volto raffigurato all’interno della Cappella della Maddalena nel Museo del Bargello di Firenze. Vera o falsa che sia.

Nel 1840, a seguito della riscoperta dell’immagine di Dante, si mette mano al restauro integrale del Museo del Bargello di Firenze.

Sempre come riportato dalla vulgata vasariana, il palazzo fu edificato a partire dalla metà del 1200 per mano di Lapo Tedesco. Per molto tempo fu di fatto l’unico edificio pubblico della città di Firenze. Qui risiedeva il Capitano del Popolo e poi dal 1502 il Consiglio di Giustizia.

Nel 1574 il palazzo fu trasformato nel carcere cittadino diventando sede del Capitano di Piazza anche noto come il “Bargello”. E proprio da questo appellativo deriva il nome con cui il Museo del Bargello di Firenze è conosciuto ancora oggi.

Nel 1859 si destinava il palazzo a sede museale. Trasformazione che venne completata nel 1865, in concomitanza con il trasferimento a Firenze della capitale del nuovo stato unitario. Da quel momento il Museo del Bargello di Firenze inizia la sua storia espositiva incentrata soprattutto su due tematiche principali: la scultura rinascimentale e le “arti minori”.

Ora possiamo iniziare la nostra visita all’interno del Museo del Bargello di Firenze. Una visita che vedrà protagonista non 5 opere, come usualmente facciamo, ma 5 sale del Museo.

1 di 5: Sala di Michelangelo

La prima sala che visiteremo all’interno del Museo del Bargello di Firenze è la:

  • Sala di Michelangelo.

Come per altre sale del Museo, anche in questo caso l’ambiente si riferisce all’autore più famoso presente. Ma in realtà l’altisonante nome di Michelangelo è accompagnato da tanti altri scultori di primo piano della Firenze rinascimentale e manierista.

Tra le opere di Michelangelo Buonarroti possiamo ammirare sculture come il giovanile Bacco, il Tondo Pitti e il Bruto. Un busto, quello del Bruto, che condensa in sé l’accanita lotta tra partito mediceo e antimediceo che per decenni ha insanguinato le strade di Firenze.

Sempre nella sala di Michelangelo troviamo un altro pezzo unico della storia della scultura fiorentina. Stiamo parlando della base marmorea del Perseo, la famosa statua di Benvenuto Cellini esposta ancora oggi nella Loggia dei Lanzi in piazza della Signoria.

2 di 5: Salone di Donatello

Salendo al primo piano del Museo del Bargello di Firenze ci addentriamo nel:

  • Salone di Donatello.

La presenza di artisti del calibro di Michelangelo, Verrocchio, Cellini e tanti altri fa del Museo del Bargello di Firenze una sede espositiva unica nel suo genere. Ma possiamo dire, senza far torto a nessuno, che qui il vero protagonista è Donatello – l’immenso scultore che con Brunelleschi e Masaccio pose le basi stesse per la nascita del Rinascimento.

Nel salone di Donatello ammiriamo capolavori eccezionali sia in marmo che in bronzo, sia dell’età giovanile che di quella matura dell’artista. Tra i tanti, esposti nella cosiddetta tribuna donatelliana, citiamo il San Giorgio – una statua in marmo a tutto tondo risalente agli anni 1416-1417. E il celebre David in bronzo del 1440 circa che ha trovato sede definitiva qui dopo vari spostamenti tra i palazzi fiorentini nel corso della storia.

Oltre le opere di Donatello, che basterebbero a riempire un catalogo, in questo salone trovano spazio altre opere epocali del primo Rinascimento. Come le due formelle di Ghiberti e Brunelleschi, ideate per il mitico concorso della porta del Battistero di Firenze del 1401.

 

3 di 5: Sala islamica

Abbiamo anticipato che il Museo del Bargello di Firenze non è solo uno straordinario campionario della scultura rinascimentale ma anche il tempio delle “arti minori”. Per la sua singolarità abbiamo scelto quindi di fare un salto nella:

  • Sala islamica.

Oggi, il concetto di un “arte minore” (da contrapporre ad un arte maggiore) è ampiamente superato in quanto ogni espressione artistica ha pari dignità. In passato, con questo termine si indicavano tutte quelle manifestazioni del gusto non direttamente riconducibili ad architettura, scultura e pittura. Come potevano essere ad esempio la miniatura, l’ebanisteria o l’oreficeria.

Nella sala islamica si trovano tutti quegli oggetti di cultura islamica che già i granduchi di Toscana si divertivano a collezionare per la loro fattura raffinata. Avori, vasi, brocche, coppe, lampade da moschee, armi persiane e turche, tappeti e ceramiche di foggia orientaleggiante il tutto decorato con materiali raffinati come oro, argento e pietre preziose.

4 di 5: Sala del Verrocchio

Salendo al piano secondo del Museo del Bargello di Firenze facciamo il nostro ingresso nella:

  • Sala del Verrocchio.

Abbiamo già incontrato nei nostri articoli il maestro dei maestri alle prese con l’esecuzione del mitico monumento equestre a Bartolomeo Colleoni.

Qui Andrea del Verrocchio la fa da padrone in una sala tutta dedicata alla scultura rinascimentale della seconda metà del ‘400. E tra le opere del maestro qui esposte, sicuramente primeggia su tutte la Dama del mazzolino. Un’opera in marmo, attribuibile al periodo tardo del Verrocchio, che ritrae una donna non meglio identificata ma dal viso e dalle mani fortemente espressivi ed evocatori.

 

5 di 5: la Cappella della Maddalena

Il Museo del Bargello di Firenze cela al suo interno altre centinaia di meraviglie come le terrecotte invetriate dei Della Robbia o il conturbante busto di Costanza Bonarelli scolpito dalla sagace mano di Gian Lorenzo Bernini.

 

Ma prima di uscire dal museo è d’obbligo un passaggio nel cuore pulsante di questo palazzo. E allora ritorniamo al primo piano per entrare finalmente nella:

  • Cappella della Maddalena.

Prima del 1840, lo scenario che ci avrebbe accolto entrando qui dentro sarebbe stato completamente diverso. Mura annerite, tramezzi a dividere gli spazi, soppalchi per ricavare ulteriori piani e celle per detenuti in ogni spazio utile. Già, perché prima della sua riconversione in sede museale la Cappella della Maddalena – come l’intero Museo del Bargello di Firenze – era il carcere cittadino.

L’intervento di restauro ha riportato in auge l’aspetto gotico dell’edificio ripristinando la spazialità originale della cappella. E, soprattutto, ha riportato alla luce il ritratto del sommo poeta.

Vero o falso che sia non ci interessa. Uscendo dalla Cappella della Maddalena, nessuno di noi resisterà alla tentazione di dare un ultimo sguardo all’inconfondibile profilo di Dante Alighieri.

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“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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