The greatest picture in the world
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Ancora a spasso nel Rinascimento con il nuovo articolo di The Arteller. Questa volta in compagnia della:
- Resurrezione di Piero della Francesca.
Ammiriamo un capolavoro assoluto che come sempre condensa al suo interno altre mille storie. Quella scelta per aprire il racconto sulla Resurrezione di Piero della Francesca ci porta indietro nel tempo di pochi decenni.
Non siamo nel Rinascimento ma negli anni tristi e dolorosi della seconda guerra mondiale. Proprio durante i combattimenti contro i nazisti sul suolo italiano, si sfiora una tragedia che stava per costare cara al patrimonio artistico universale.
Ma che cosa accadde realmente in questo angolo di Toscana sotto le bombe della guerra? Chi si immolò per una “causa culturale” mentre il sangue scorreva copioso nelle regioni europee?
Per scoprire tutti i dettagli di questo salvataggio eroico, non ti resta che continuare a leggere le peripezie della Resurrezione di Piero della Francesca.
La Resurrezione di Piero della Francesca: storia di un mancato bombardamento
Sansepolcro, anno 1944.
Il capitano era nervoso. Molto nervoso. Sudava freddo, fumava con stizza e non mollava un attimo il suo binocolo, quasi volesse trovare dentro a quell’aggeggio un’ancora di salvezza. Scrutava, osservava, indagava. Cercava con insistenza quasi paradossale un indizio, una traccia, un segno minimo che potesse in qualche modo confermare la sua ipotesi. Un’ipotesi che aveva davvero del paradossale ma che ormai si stava facendo strada in maniera inesorabile nella sua mente e nel suo cuore.
Sansepolcro non doveva essere bombardata. I cannoni dovevano tacere e l’artiglieria non si sarebbe mai abbattuta con il suo carico di distruzione su quelle pietre vetuste e preziose. Ma dall’alto si ordinava esattamente il contrario: cannoneggiare senza indugio il borgo toscano.
A cosa sarebbe andato incontro il capitano disubbidendo apertamente al comando alleato? La risposta era semplice, quasi scontata: la corte marziale. Il tribunale militare era implacabile con chi contravveniva gli ordini dei superiori in un momento tanto cruciale del conflitto armato.
Le truppe tedesche erano ormai allo stremo e toccava essere semplicemente spietati per assestare il colpo decisivo ai nazisti. Un colpo che avrebbe potuto mettere fine a quel massacro immane che andava ormai avanti da anni sul suolo europeo.
Il capitano Anthony Clarke era cosciente di ciò, eppure titubava nel dare l’assalto decisivo ai nemici. Ma perché non si decideva? Era forse una spia all’interno dell’esercito inglese? Tramava qualcosa contro il comando alleato?
Niente di tutto ciò come vedremo tra poco.
Storia del salvataggio di un capolavoro
Non c’era nulla di complottistico nella volontà di temporeggiare del militare. Semplicemente, il capitano Anthony Clarke non riusciva a non pensare a quel saggio scritto dal suo connazionale Aldous Huxley sulla Resurrezione di Piero della Francesca. Lui, amante della cultura e dell’arte, sapeva che le antiche mura di Sansepolcro proteggevano al suo interno il dipinto della Resurrezione di Piero della Francesca.
Per questo il capitano esitava in attesa di un indizio. Un minuscolo indizio che poteva permettergli di salvare dalle granate tante vite umane e quella sopraffine opera d’arte.
E quell’indizio alla fine arrivò. Sembra che alcuni ragazzi del posto, correndo incontro agli inglesi, pregarono i soldati alleati di risparmiare il borgo perché i tedeschi si erano ritirati dalla cittadina toscana. A quel punto il capitano non attese ancora. Malgrado l’informazione potesse rivelarsi parziale, il militare comunicò senza indugio al comando che aveva prove certe della ritirata dei nazisti da Sansepolcro.
Se all’indomani, le truppe inglesi entrate nel borgo fossero cadute sotto i colpi dei nemici – niente e nessuno avrebbe risparmiato la pena di morte al capitano. Ma per sua fortuna le cose andarono diversamente. Quei ragazzi avevano visto giusto e i tedeschi avevano effettivamente abbandonato Sansepolcro.
E Anthony Clarke, in quel giorno di un funesto 1944, potette respirare per un attimo tutta la serenità del mondo. Contemplando estasiato e solo per lui, per un tempo che gli dovette sembrare eterno, la Resurrezione di Piero della Francesca.
Anthony, Piero e Sansepolcro
Questa storia, a tratti romanzesca, per anni è stata considerata poco più di una leggenda. Un racconto epico in cui la stessa Resurrezione di Piero della Francesca, quasi per intervento divino, aveva protetto Sansepolcro dal fuoco delle bombe.
Gli anziani del posto avevano tramandato oralmente l’atto eroico del capitano inglese Anthony Clarke. E qualche tempo dopo la morte dell’uomo, l’amministrazione comunale non aveva esitato un instante a dedicare una strada del borgo a quel valoroso militare. Al salvatore della Resurrezione di Piero della Francesca.
Anche se gli abitanti di Sansepolcro non avevano mai dubitato sulla veridicità dell’episodio, le testimonianze certe sono venute a galla solo di recente. Nel 2011, il giornalista della BBC Tim Butcher, scova in una libreria di Città del Capo alcuni diari. Va precisato che la libreria venne fondata da Anthony Clarke dopo la guerra e che quei diari appartenevano proprio al capitano. E tra queste pagine venivano riportati i fatti accaduti: la sua disobbedienza al comando alleato, il mancato bombardamento di Sansepolcro e il salvataggio della Resurrezione di Piero della Francesca.
Nei manoscritti, emerge una sensibilità non comune del militare per i fatti d’arte e cultura. Sono toccanti le pagine da lui dedicate alla distruzione di Monte Cassino. Altro luogo simbolo della cultura occidentale, raso completamente al suolo dai bombardamenti alleati proprio per stanare i nazisti.
Ritornando alla nostra storia, oggi tutti noi giungendo a Sansepolcro e dirigendoci verso il Museo Civico possiamo ammirare la Resurrezione di Piero della Francesca. Ancora più bella dopo il recente restauro portato a termine nel 2018.
E contemplando questo capolavoro rinascimentale, ci sorgerà spontaneo rivolgere un grazie ad Anthony Clarke. Salvatore di tante vite umane e di questa straordinaria opera d’arte: la Resurrezione di Piero della Francesca.
Piero della Francesca: pittore e matematico
Fin qui abbiamo detto poco del pittore di questa opera grandiosa.
La figura di Piero della Francesca, malgrado sia una delle più note del Rinascimento italiano, per alcuni aspetti è ancora avvolta nel mistero.
Piero nacque sicuramente a Borgo Sansepolcro – antico nome della cittadina toscana. E la sua data di nascita è ancora oggi sconosciuta (forse tra il 1406 e il 1412). Certa è invece la sua data di morte, annotata su un registro di una confraternita di Borgo: 12 ottobre 1492. Quel giorno mentre Piero spirava, dall’altra parte del globo, Cristoforo Colombo toccava terra scoprendo l’America a sua insaputa.
Piero fu quasi un eremita dell’arte, avendo toccato in lungo e in largo tutta l’Italia centrale e le sue corti dall’alto profilo culturale. Fu a Firenze dove collaborò con il pittore Domenico Veneziano. Poi a Ferrara a servizio degli Este. A Rimini con il terribile e raffinato Sigismondo Pandolfo Malatesta. A Roma con i papi umanisti. E poi a Urbino con Federico da Montefeltro, protagonista “terreno” della splendida Pala di Brera oggi esposta alla Pinacoteca di Brera a Milano.
Ma Piero non perse mai i contatti con il suo paese natale. Qui a Borgo Sansepolcro ritornò tante volte ricoprendo anche importanti incarichi pubblici. Qui visse a lungo tra gli spostamenti da una corte e l’altra. E qui ha lasciato alcune opere magistrali: tra queste anche quella messa in salvo eroicamente da Anthony Clarke durante la seconda guerra mondiale.
La Resurrezione di Piero della Francesca: analisi dell’opera
Basta varcare l’ingresso del Museo Civico di Sansepolcro per ammirare la:
- Resurrezione di Piero della Francesca.
Infatti, questa opera (a volte indicata come un affresco ma è più corretto definirla un dipinto murale) è sempre stata qui. Al massimo in una posizione leggermente diversa rispetto a quella attuale. L’opera venne realizzata nella sala dei Conservatori all’interno del Palazzo dei Conservatori (oggi sede del Museo) e portata a conclusione intorno all’anno 1460.
Il soggetto raffigurato da Piero è l’emblema stesso del comune toscano. Il Cristo che si leva dal sepolcro riporta immediatamente alla mente il toponimo stesso del borgo: Sansepolcro appunto.
E lo stesso Piero, già bambino, aveva osservato innumerevoli volte all’interno del Duomo della cittadina il Polittico della Resurrezione di Niccolò di Segna del secolo XIV. Il tema iconografico si ripete: il Cristo che sovrasta il sepolcro con i soldati romani addormentati ai suoi piedi. Ciò che cambia radicalmente è la resa stilistica e pittorica. La Resurrezione di Piero della Francesca è il trionfo delle regole matematiche e prospettiche rinascimentali di cui il pittore era maestro assoluto.
Un Cristo ieratico, dal corpo atletico come quello di una scultura greco-romana, divide la composizione in due parti. Sulla sinistra dell’opera si intravede un paesaggio brullo e rinsecchito. Dall’altra parte la natura è verdeggiante e rigogliosa. Al centro Gesù, che regge il vessillo crociato simbolo del suo trionfo, si erge maestoso con un piede ben piantato sul sepolcro.
Oltre che destra-sinistra, la Resurrezione di Piero della Francesca può essere letta anche nel senso alto-basso. Nella parte alta del quadro, il Cristo trionfante posto sul piano divino. Ai suoi piedi, sul piano terreno, appaiono invece i soldati addormentati appoggiati al sepolcro e persi in un sonno inquieto. È il sonno mortale che attanaglia coloro che non credono nella Resurrezione di Cristo, salvatore del mondo.
Nel volto del secondo soldato da sinistra, da sempre si è voluto riconoscere un autoritratto di Piero. Forse appoggiandosi al vessillo crociato, Piero aveva dato a se stesso una speranza di salvezza?
L’interrogativo non è di facile risoluzione. L’unica cosa certa è che ammirando la Resurrezione di Piero della Francesca – nel silenzio della sala dei Conservatori – ci sembra proprio di ammirare l’opera più bella del mondo. Così la definì Aldous Huxley. E quelle parole, che risuonarono salvifiche nella testa del capitano Clarke, hanno permesso la sopravvivenza di questo capolavoro dell’arte mondiale.