
Municipio di Letino, 8 aprile 1877.
Siamo a Letino, un piccolo borgo abbarbicato sul massiccio del Matese – importante gruppo montuoso dell’Appennino meridionale ai confini tra Campania e Molise.
È in corso il Consiglio Comunale quando all’improvviso irrompe nella sala consiliare un manipolo di uomini armati alla bella e meglio, decisi a compiere un primo ma decisivo atto rivoluzionario per l’instaurazione di un nuovo ordine delle cose.
Chi sono questi uomini? Da dove vengono? E soprattutto che ideali politici e sociali professano?
Il gruppetto di rivoluzionari è guidato, tra gli altri, da Errico Malatesta e Carlo Cafiero – importanti attivisti ed esponenti intellettuali di spicco del movimento anarchico italiano di fine ‘800.
Gli anarchici e i loro uomini saliranno agli onori delle cronache del tempo come la Banda del Matese, in una storia fatta di tanto ardore politico e di pochi e sconclusionati tentativi, dal gusto quasi romantico, di instaurare una comunità anarchica e di debellare lo Stato oppressore e dispotico.
Malgrado la preparazione politica ed ideologica dei suoi esponenti, in realtà la Banda del Matese è composta da pochissimi uomini (gli effettivi non arrivavano alle 30 unità), con armamenti di fortuna e costretti a vedersela con un territorio – quello matesino – di rara bellezza ma durissimo, specie nella stagione invernale.
Quando gli anarchici arrivano a Letino, in un giorno di aprile del 1877, stanno in realtà scappando dal Comune di San Lupo – in provincia di Benevento. Questi i fatti: prima del tentativo rivoluzionario, gli anarchici erano stati sorpresi dai carabinieri. Ne era nato uno scontro a fuoco in cui uno dei militari cadde gravemente ferito. Il carabiniere più tardi morirà per le infezioni della ferita e, secondo le carte dell’epoca, sarà l’unica vittima dell’insurrezione matesina.
A questo punto lo Stato, che fino ad allora aveva tollerato l’esuberanza degli anarchici, decide di fare sul serio. I componenti della Banda iniziano a peregrinare tra i monti in direzione nord e arrivano a Letino: qui i sovversivi, con l’appoggio popolare – dettato forse più dalla simpatia verso questi uomini che da motivi ideologici – issano la bandiera rosso-nera sul Municipio, bruciano le carte comunali, distribuiscono le armi alla popolazione e distruggono il ritratto del re Vittorio Emanuele II.
L’incredibile storia della Banda del Matese di fatto finisce con questa eroica azione. Dopo pochi giorni, ben 12.000 militari circondano su tutti i lati il massiccio del Matese e gli anarchici vengono tratti in arresto mentre sono riuniti in una casa rurale a pochi chilometri da Letino.
L’anno dopo – al processo che li vede imputati per vari reati – verranno scagionati dall’accusa più grave, e cioè da quella dell’uccisione del carabiniere – morto, di fatto, per le complicanze intervenute a seguito della ferita da arma da fuoco.
Proprio come allora, Letino rimane un borgo incantevole posto su uno sperone del massiccio del Matese, e oggi ricompreso nell’omonimo parco regionale.
Il territorio, oltre che dalle montagne incontaminate e innevate, è caratterizzato dalla presenza di due specchi d’acqua: il lago di Gallo ed il più piccolo lago di Letino. Tra le stradine del Comune è possibile gustare sapori di altri tempi e godere della vista di alcuni gioielli architettonici come il Castello e l’attiguo Santuario di Santa Maria del Castello, che dall’alto dominano il piccolo centro e la sua mitica storia di eguaglianza e libertà.