SEPINO Storia della città romana lungo la via della transumanza

sepino teatro
Uno scorcio del Teatro Romano#googleimages

Tratturo Pescasseroli-Candela, sul finire dell’estate di un anno imprecisato del primo ‘900.

Il momento tanto atteso si avvicinava. Michele, nella sua giovane vita, aveva battuto il tratturo già numerose volte. Ogni anno, come altre centinaia di pastori muoveva il suo gregge di pecore lungo l’antica autostrada della transumanza.

Alla fine dell’estate, Michele dalle montagne abruzzesi si avviava verso le fertili pianure del Tavoliere delle Puglie. Passati i rigori invernali, ripercorreva al contrario il tratturo per riportare le greggi in alta quota durante i mesi più caldi dell’anno.

Era ormai un veterano ma ogni volta che metteva piede sul tratturo, in cuor suo aspettava soltanto un momento. E ogni volta che quel momento arrivava, malgrado avesse ammirato quelle pietre già decine di volte, la sorpresa e lo stupore che provava erano sempre nuovi.

Non più di 350 metri separavano (e separano tutt’ora) porta Boiano da porta Benevento. Ma in quei 350 metri – in cui il tratturo Pescasseroli-Candela si adagia sul decumano massimo della Sepino romana – gli occhi di Michele si riempivano di una bellezza per lui inusitata.

Le mura possenti, le strade lastricate, le colonne slanciate, gli ampi spazi del foro, lo spettacolo incomparabile del teatro con la sua perfetta forma semicircolare. E altre decine di resti di costruzioni che affiorano dal terreno quasi a volersi liberare dal passare del tempo. Qualcuno gli aveva detto che tanto tempo prima, lì abitavano gli antichi romani: un popolo ricchissimo e temerario che partendo da Roma aveva conquistato l’Italia intera spingendosi poi ben oltre.

Mentre il suo gregge di pecore pascolava tranquillo nella storia, a Michele non restava che ammirare estasiato le pietre e i resti della Sepino romana che ai suoi occhi sembravano provenire quasi da un altro mondo ma che ogni volta gli facevano provare emozioni uniche e indescrivibili.

Ancora oggi, la Sepino romana (oggi in provincia di Campobasso) – splendidamente conservata e fuori dalle grandi direttrici turistiche – lascia a bocca aperta i visitatori che si spingono fin qui.

Una solida cinta muraria protegge i resti archeologici della Sepino romana. E la particolarità del perimetro fortificato si riflette nel toponimo stesso della città: Saepinum, infatti, significa letteralmente “luogo recintato”.

Nelle mura si aprono quattro porte in corrispondenza delle due strade principali. Porta Tammaro e porta Terravecchia danno accesso al cardo mentre porta Boiano e porta Benevento – ben conservate e affiancate da imponenti torri di avvistamento circolari – immettono sul decumano. Come detto, il decumano ricalca l’antichissimo tratturo Pescasseroli-Candela mentre il cardo si innesta sulla direttrice viaria che dalle montagne del Matese scendeva verso la costa adriatica.

Al centro della Sepino romana e quindi all’incrocio tra cardo e decumano sorge il Foro: una grande area pavimentata con lastroni in pietra, cuore della vita politica e commerciale del municipium. Dall’altra parte del cardo, di fronte al Foro, si intravedono le 20 maestose colonne ioniche che delimitavano lo spazio della Basilica: luogo deputato all’amministrazione della giustizia.

Ma il monumento che lascia del tutto esterrefatti, e che da solo vale la visita a questo sito archeologico poco noto, è il Teatro. Posto in un’area periferica della città e addossato alla cinta muraria, presenta una cavea destinata a circa 3.000 persone. 

La nota davvero singolare è data dalle abitazioni rurali che chiudono in alto la cavea e che, in maniera del tutto rispettosa della preesistenza, seguono il perimetro semicircolare del Teatro stesso.

Uno spettacolo suggestivo in cui si incontrano mondi diversi e lontani che però sanno dialogare con rispetto lungo i secoli e la storia.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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