AMBROGIO LORENZETTI: IL PITTORE CIVILE DI SIENA Le Allegorie nel Palazzo Pubblico di Siena

Forse per la prima volta con tale evidenza, viene inserito nel mondo dell’arte, della pittura, un personaggio che non era stato ancora considerato. Tale “personaggio” è la città, la sua rappresentazione intesa come autentico veicolo di comunicazione

Oggi ti parlerò di un grande pittore senese del ‘300:

  • Ambrogio Lorenzetti.

E del suo mitico ciclo di affreschi all’interno della Sala dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena:

  • Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo.

Ambrogio Lorenzetti è una figura avvolta nel mito e le sue tracce si perdono nella storia. Ancora oggi, si conoscono pochissime cose di lui e alla fine dell’articolo cercheremo di svelare qualche elemento in più della sua vita.

Ora possiamo metterci comodi per ammirare il suo portentoso saggio pittorico. Ma prima è doveroso scoprire la Siena dei tempi di Ambrogio Lorenzetti. Una sorta di Eldorado dove tutto sembrava possibile. E dove niente faceva presagire la terribile sciagura che si abbatté poi sulla città.

Ambrogio Lorenzetti e il Governo dei “Nove”

Siena, anno 1348.

È un periodo difficilissimo per la città di Siena. Imperversa una terribile pestilenza che sta mietendo un numero di vittime incalcolabile tra la popolazione senese.

Dalla loggia del Palazzo Pubblico nove uomini si affacciano stanchi e impotenti verso il superbo panorama che si apre sulla campagna circostante. Traguardano l’orizzonte nella speranza che la salvezza possa giungere dai luoghi ameni ed incontaminati che si aprono intorno a Siena.

I nove uomini –  riuniti in un momento di pausa tra l’estenuante emergenza del momento – sono i componenti del Governo dei Nove. L’istituzione politica che resse le sorti della città dal 1287 al 1355.

I Nove – come del resto tutti i loro predecessori – restano in carica nelle loro funzioni soltanto per due mesi. Ma in quei due mesi l’attività politica e legislativa è così serrata che non possono abbandonare il Palazzo Pubblico salvo che per incontri ufficiali. Per loro vi è addirittura l’obbligo di risiedere nell’edificio per i due mesi di durata della carica. L’obiettivo è quello di tenerli lontani dalle famiglie e dagli amici. In modo da evitare qualsiasi forma di condizionamento dall’esterno nello svolgimento della cosa pubblica.

Forse per questo motivo, alla sommità del Palazzo Pubblico e sul lato opposto rispetto a Piazza del Campo, venne costruita la loggia che traguarda la campagna senese. Per permettere ai Nove di prendere una boccata d’aria di tanto in tanto e di poter staccare dagli impegni istituzionali.

I Nove venivano scelti tra la “gente di mezzo”, quindi erano esclusi dal governo sia i nobili che i ceti ultrapopolari. Ciascuno di essi poteva governare per soli due mesi. E l’eventuale rielezione di un membro dei Nove avveniva solo se erano passati almeno 20 mesi dalla precedente elezione. Un sistema complesso ma che assicurava una rotazione tale da evitare qualsiasi forma di corruzione con il solo scopo di preservare il bene pubblico.

L’esperienza del Governo dei Nove si concluse amaramente dopo qualche anno dalla terribile peste del 1348. Ma in ogni caso, i decenni di “regno” dei Nove rappresentarono una delle esperienze di governo più proficue di sempre per la città di Siena.

La Siena dei “Nove”

Se pensiamo all’idea che ciascuno di noi ha di Siena, al suo inconfondibile aspetto medievale, questa fu costruita proprio durante il governo dei Nove. Una sorta di età dell’oro tramite cui la città toscana toccò l’apice della propria storia. E la stabilità politica ed economica, come spesso accade, favorì lo sviluppo delle arti in tutte le sue sfaccettature.

Durante il Governo dei Nove nasce la scuola senese con Duccio e Simone Martini.

Sempre in questo periodo Siena conosce una “febbre edilizia” senza precedenti. In questi anni vengono costruiti i simboli della città come Piazza del Campo, il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia. Mentre si porta a conclusione la realizzazione del fantastico Duomo cittadino, scrigno di autentici capolavori.

I Nove tentano di esaltare le virtù civili del loro governo tramite continui richiami allegorici. Basti pensare a Piazza del Campo dove la pavimentazione è divisa in nove sezioni proprio come il numero dei governanti.

Continui rimandi alle virtù civiche del governo si ritrovano sulle pareti delle bellissime sale del Palazzo Pubblico. Il percorso nel Museo Civico, che oggi ha il compito di preservare questi capolavori, si conclude proprio con l’opera somma del nostro Ambrogio Lorenzetti.

La Sala dei Nove e l’Allegoria del Buon Governo

Nella sala del Mappamondo puoi ammirare la sublime Maestà e l’altero Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini. Subito dopo si entra nella più raccolta Sala della Pace o Sala dei Nove. E’ qui che si riuniva il governo dei Magistrati della repubblica senese.

Ed è qui che nel 1337, i Nove commissionarono ad Ambrogio Lorenzetti i bellissimi affreschi che adornano questa sala. Il ciclo pittorico – che occupa tre delle quattro pareti – è vasto e complesso. Tramite potenti immagini allegoriche mette in contrapposizione da una parte il Buon Governo e i suoi effetti benefici. Dall’altra il Cattivo Governo e i danni che una gestione politica sciagurata può causare sulla città e sulla campagna.

Provenendo dalla sala del Mappamondo ed entrando in quella dei Nove, sulla parete di destra è affrescata la celeberrima:

  • Allegoria del Buon Governo.

L’opera è illuminata simbolicamente dalla luce naturale proveniente dalla finestra della parete opposta.

Sulla sinistra dell’affresco puoi ammirare la personificazione della Giustizia. Assisa in trono, amministra i piatti della bilancia retti dalla figura della Sapienza – posta simbolicamente sulla testa della Giustizia.

Dagli angeli collocati sui piatti della bilancia partono due cordoni che si riuniscono nella mano della Concordia. Questa, ai piedi della Giustizia, ha in grembo una pialla a simboleggiare l’uguaglianza degli uomini.

Il filo della corda passa tra le mani di 24 uomini, raffigurati in una sorta di processione laica a simboleggiare l’intero popolo senese. Ognuno di essi è ritratto con vesti e copricapi diversi.

Tramite i 24 uomini, la corda giunge nelle mani della personificazione del Buon Governo – l’anziano saggio ritratto in trono nella parte destra dell’affresco. Il Buon Governo indossa una veste bianca e nera come i colori della “balzana”, il simbolo di Siena. E regge una spada ed il globo terrestre che quasi come uno scudo serve alla difesa della città.

Il saggio è guidato da Fede, Speranza e Carità – le tre virtù teologali che come figure alate si stagliano sulla sua testa. Mentre è attorniato dalle quattro virtù cardinali a cui si aggiungono Pace e Magnanimità.

Da sinistra troviamo la Pace, la Fortezza e la Prudenza mentre sulla destra la Magnanimità, la Temperanza e di nuovo la Giustizia. Ognuna di queste figure regge un simbolo specifico. La Pace ha in mano un ramoscello d’ulivo ed è rappresentata semidistesa su un cuscino che copre delle armature deposte.

Ai piedi del Saggio vi è la Lupa, simbolo della città, che allatta Romolo e Remo.

Gli Effetti del Buon Governo in città ed in campagna

Ma qual è il risultato del buon governo e di una gestione oculata ed efficace delle risorse pubbliche?

Lo puoi leggere con i tuoi occhi nella splendida rappresentazione che Ambrogio Lorenzetti dipinge sulla parete di ingresso della Sala:

  • Effetti del Buon Governo in città ed in campagna

La parte sinistra è dedicata alla città. Si tratta di una rappresentazione tra realtà e immaginazione della Siena dell’epoca, come dimostra la presenza del campanile bicromo del Duomo nell’angolo in alto a sinistra.

E’ una città indaffarata ed operosa dove mercanti, artigiani, cavalieri, in un clima sereno, fanno affari e scambiano merci. Mentre alcuni muratori sono impegnati nella costruzione di un nuovo palazzo.

Ma nella città retta da un governo sapiente trova spazio anche il divertimento. Le donne in primo piano sono intente a ballare in una danza gioiosa accompagnata dal ritmo di un tamburello.

La parte destra è dedicata alla campagna. Oltre le mura cittadine si apre una campagna rigogliosa con i campi coltivati ordinatamente dai contadini e gli animali che vanno tranquilli al pascolo.

La magistrale raffigurazione del contado di Siena eseguita da Ambrogio Lorenzetti è una delle prime raffigurazioni di paesaggio della pittura medievale. Il paesaggio assume un ruolo primario con le sue raffigurazioni minuziose e non è più trattato come mero sfondo di un dipinto.

Allegoria ed Effetti del Cattivo Governo

Sulla parete opposta agli Effetti del Buon Governo in città ed in campagna, Ambrogio Lorenzetti ritrae quello che un governo ed una città non dovrebbero mai essere:

  • Allegoria ed Effetti del Cattivo Governo.

Dell’intero ciclo è l’affresco peggio conservato.

Sulla sinistra, anche se mancano alcuni pezzi, vengono raffigurati i risultati di un cattivo governo con una campagna brulla e spoglia dalla cui terra non nasce nessun tipo di frutto. Più in là vi è una città distrutta, preda di violenze e saccheggi dove una donna giace uccisa in primo piano. L’unico operaio al lavoro è il fabbro ma nella sua fucina sta fabbricando le armi necessarie alle depredazioni.

Sulla destra compare invece l’Allegoria del Cattivo Governo contrapposto ideologicamente e fisicamente al Buon Governo.

Il cattivo governo ha le sembianze di un grosso diavolo con corna e denti aguzzi. Ha in mano un pugnale tramite cui esercita la tirannia ed una coppa d’oro, simbolo dell’arricchimento personale.

Sulla sua testa si stagliano le figure dei peccati capitali della Superbia (opposta alla Fede), dell’Avarizia (opposta alla Carità) e della Vanagloria (opposta alla Speranza).

Ai lati del diavolo si trovano da una parte la Crudeltà, la Falsità e la Frode. Mentre dall’altra la figura bestiale del Furore, la Divisione e la Guerra.

Il cattivo governo poggia i piedi su un caprone che simboleggia la lussuria. Più in basso la figura della Giustizia – in una semplice tunica bianca – è incatenata e fatta prigioniera.

Il misterioso Ambrogio Lorenzetti

Gli affreschi nella Sala dei Nove consegnano Ambrogio Lorenzetti alla fama eterna. Ma chi era davvero Ambrogio Lorenzetti?

Della vita di Ambrogio Lorenzetti si sa veramente pochissimo. Nacque con buona probabilità nell’ultimo decennio del 1200 ed era certamente il fratello – minore? – di Pietro Lorenzetti, altro grande pittore dell’epoca.

Ambrogio Lorenzetti viene comunemente annoverato tra i grandi artisti della scuola senese. Tra le cui fila compaiono l’iniziatore Duccio di Buoninsegna, l’eccelso Simone Martini e lo stesso fratello Pietro.

Il tocco di Ambrogio Lorenzetti, anche se fedele alla linea floreale dei senesi, risente in qualche modo della “rivoluzione plastica” di Giotto. Il pittore senese è avvistato a Firenze a cavallo degli anni ’30 del trecento: risulta immatricolato nell’Arte dei Medici e degli Speziali.

Perché mai un pittore era inserito in questo tipo di corporazione? Perché all’epoca gli artisti usavano elementi vegetali nella preparazione dei colori e questo portava ad assimilarli agli “Speziali” (cioè i farmacisti del tempo).

Nemmeno sulla sua morte si hanno notizie certe e di Ambrogio Lorenzetti si perdono definitivamente le tracce dal 1348. Quasi sicuramente il pittore morì, insieme al fratello, nella tremenda epidemia di peste che colpì la città nel terribile anno 1348.

Una terribile pandemia che di fatto mise fine all’età dell’oro della Siena del tempo. Un’età dell’oro di cui ci rimane la bellissima testimonianza pittorica degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti. E lo straordinario paesaggio urbano della città di Siena.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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