Con questa recensione approdiamo a Milano, città frenetica ed internazionale ma con un cuore segreto. Anzi, con diversi punti ignoti ai più che Paolo Melissi prova a farci scoprire e gustare nella sua “Milano sconosciuta”.
Un libricino da leggere tutto di un fiato che si muove su itinerari e registri diversi che si sovrappongono continuamente tra di loro:
“Tutto concorre a creare un’idea di Milano, un’impressione in profondità, aiuta a catturare la sua aura”.

“Milano sconosciuta” e quartieri sconosciuti
Milano è la città più dinamica d’Italia anche dal punto di vista delle trasformazioni urbane. Chi si trova ad andarci per lavoro o per vacanza, troverà una città fortemente cambiata con grattacieli, palazzi avveniristici e architetture d’avanguardia.
Ma sotto lo strato contemporaneo che dà respiro internazionale a Milano, sopravvivono in splendida forma i quartieri storici con i loro racconti intessuti nelle pietre.
Quartieri sconosciuti per la “Milano sconosciuta” di Paolo Melissi.
In realtà, si tratta di quartieri ben noti che nascondono qualche storia decisamente dal gusto retrò: quelle storie che vale la pena di raccontare.
È il caso di Brera, il quartiere di Milano che ospita la famosa Pinacoteca e che per decenni è stato il luogo di ritrovo di artisti e intellettuali. E qui un posto in particolare regna sovrano: il Jamaica, il bar di Brera ai cui tavolini si sono seduti intere schiere di artisti del ‘900.
Qualche decennio indietro, invece il punto di ritrovo degli intellettuali era l’Ortaglia. L’area, oggi attraversata dal centralissimo corso Monforte, all’epoca era un pezzo di campagna in città da qui il nome Ortaglia dato alla zona.
E qui all’Osteria della Polpetta di via Vivaio c’era il quartier generale degli Scapigliati, quel gruppo di scrittori e artisti che nel rifiuto della tradizione si cimentavano senza alcuna regola nel mondo della creazione intellettuale.
“Milano è (anche) questo: benché periodicamente distrugga e ricostruisca se stessa conserva e nasconde nel proprio tessuto i segni di ciò che è stata, le testimonianze non solo del proprio passato, ma di alternative a ciò che sembra”.
Relitti architettonici nelle pieghe di Milano
Passeggiando tra le pagine di “Milano sconosciuta”, ci imbattiamo in quelli che a prima vista sembrano dei semplici relitti. O dei corpi estranei nella città moderna.
Ma ancora una volta, lo sguardo dell’autore di “Milano sconosciuta” va oltre l’epidermide per penetrare a fondo nel corpo di Milano. Così a fondo da portarci sottoterra.
Qui, sotto il fluire del traffico della metropoli, si trovano alcuni dei nostri relitti: in realtà veri capolavori architettonici provenienti dal passato.
“In superficie Piazza Missori è quanto di più lontano ci possa essere da ciò che, invece, le viscere della terra, poco sotto la pavimentazione stradale, nascondono”.
E cosa si cela sotto Piazza Missori?
I resti di quella che fu la chiesa di San Giovanni in Conca. Un edificio di culto antichissimo, risalente ai primi secoli dell’era cristiana sorto – molto probabilmente – a sua volta su un antico mitreo.
La cripta ipogea della chiesa – demolita quasi completamente nel 1949 – è ancora lì nel ventre della piazza a dimostrare che le stratificazioni più antiche sono solo occultate dalla città moderna ma mai disperse del tutto.
“Milano sconosciuta” ci riserva altre sorprese nascoste nelle viscere della terra. Ci spostiamo in piazza Oberdan, nei pressi di porta Venezia, sotto la cui superficie nel 1925 venne costruito l’Albergo Diurno Venezia.
Una sorta di centro multiservizi dotato di qualsiasi comfort per la cura della persona destinato ai cittadini e ai viaggiatori. Ancora oggi, in questo spazio meraviglioso si respira un’atmosfera da ruggenti anni ’20. E gli specchi, le boiserie, gli stucchi, le maioliche e gli arredi pregiati emanano ancora con forza un fascino unico in questo singolare ambiente ipogeo in stile Liberty.
“Il tessuto urbano di ogni città nasconde alcune discontinuità, non tanto nella sequenza storico-architettonica, che è espressione logica quanto naturale di un luogo che si trasforma nel corso dei secoli, quanto nella presenza improvvisa di veri e propri relitti, di oggetti architettonici del tutto avulsi rispetto al panorama che li circonda o ammantati di storie fuori dal normale”.
Milano città d’acqua
Nelle pagine di “Milano sconosciuta” scopriamo anche che “un tempo Milano doveva essere una sorta di Amsterdam della Pianura Padana”.
Ma come è possibile ciò?
Già perché forse pochi sanno e soprattutto immaginano che la città, fino a qualche decennio fa, era attraversata da una fittissima rete di canali. A testimonianza di questa città d’acqua oggi sopravvivono – col loro fascino speciale – i tre navigli: Grande, Pavese e Martesana.
In particolare, la Martesana – come sottolinea l’autore di “Milano sconosciuta” – è un naviglio nascosto perché (oltre ad essere in parte tombato) quando scorre alla luce del sole lo fa totalmente in sordina. Il suo fluire in città è occultato dalle schiere dei palazzi, dai filari degli alberi, dalle fabbriche dismesse:
“Eppure rappresenta un tratto di natura che si intromette nella pelle cementizia e architettonica, costituendo una discontinuità di fascino infinito”.
Alcuni abitanti di Milano
Le ultime pagine del libro “Milano sconosciuta” sono dedicate ad alcuni abitanti di Milano. E dietro ogni persona c’è la propria storia personale, c’è un destino che spesso incrocia i marciapiedi e le strade della città.
C’è Girolamo Cardano medico appassionato di esoterismo, giocatore d’azzardo, condannato per eresia dall’Inquisizione.
Ci sono Ludovico e Manfredo Settala, personaggi poliedrici e accaniti collezionisti capaci di mettere insieme una collezione di più di tremila pezzi dove trovavano posto uno accanto all’altro strumenti scientifici, oggetti esotici e arnesi di tutti i tipi provenienti da mondi lontani. E una biblioteca con oltre 10.000 volumi e 600 manoscritti.
E ci sono tanti altri abitanti “speciali” che emergono continuamente, insieme a mille luoghi, tra le pagine di “Milano sconosciuta”.
“Una città – e la sua immagine – è fatta da chi l’ha abitata, non solo dagli architetti, dai pianificatori, dai governi municipali, dagli ingegneri, dagli imprenditori che hanno lasciato un’impronta indelebile nelle scelte e nella forma stessa della città. L’idea di una città dipende da tutto il resto, dalle vite che l’hanno attraversata e dai segni che vi hanno depositato”.