VENEZIA È UN PESCE… SE LA GUARDI DALL’ALTO Recensione del libro: “Venezia è un pesce. Una guida” di Tiziano Scarpa

Tiziano Scarpa è veneziano. E questa notizia biografica non è di poco conto, perché si sente forte come un treno lungo tutta la piccola (e senza dubbio alternativa) guida che ha scritto sulla sua città.

“Venezia è un pesce. Una guida” non è propriamente una guida d’arte, ma l’ironia dell’autore e il suo sguardo leggero, che sa andare in profondità, permettono una lettura agevole e mai banale della città.

Il libro inizia con un’immagine forte e dissacrante, e da questa stessa immagine irriverente prende il nome il libro:

“Venezia è un pesce. Guardala su una carta geografica. Assomiglia a una sogliola colossale distesa sul fondo. Come mai questo animale prodigioso ha risalito l’Adriatico ed è venuto a rintanarsi proprio qui?”

Basta guardare la copertina del volume per pensare che la forma di Venezia – distesa nella laguna – ricorda un po’ un pesce.

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Così la metafora del pesce continua anche nelle pagine successive, quando lo scrittore afferma perentorio che il ponte che la collega alla terraferma sembra quasi un amo gigante gettato per non far scappare Venezia in mezzo al mare.

E per condurci a spasso nel cuore di Venezia, l’autore adotta un altro piccolo escamotage: le passeggiate in giro per la città lagunare sono condotte e suddivise in base ai sensi e agli organi del corpo umano.

“Venezia è un pesce. Una guida” si divide in nove agevoli capitoletti:

  1. Piedi
  2. Gambe
  3. Cuore
  4. Mani
  5. Volto
  6. Orecchie
  7. Bocca
  8. Naso
  9. Occhi

Il capitolo “Piedi” è un inno al camminare, all’andare senza meta, allo smarrirsi. Il bello è che in una città piccola ma ingarbugliata come Venezia il rischio di perdersi è molto alto. Tuttavia, è lo stesso Scarpa che ci conforta contro la paura dell’inesplorato: non si può arrivare poi così lontano in una città per sua natura “finita”. Male che vada, si giunge sempre di fronte alla laguna.

Tra le righe di “Gambe” si assiste ad un paradosso: Venezia, città piana e costruita nel mezzo di una laguna, mette a dura prova i muscoli delle gambe perché è una serie ininterrotta di ponti e ponticelli da salire e scendere continuamente, di dossi, avvallamenti, depressioni. Per non parlare poi delle case, cresciute necessariamente in altezza e dove raramente è presente un ascensore.

In “Cuore”, l’autore – fuori da qualsiasi cliché romantico – ci svela un segreto non da poco dei giovani nati e cresciuti a Venezia. Senza macchina, senza parchi e radure in cui appartarsi non è proprio semplice affrontare l’esuberanza della gioventù in una città come questa.

Ma in qualche modo bisogna pur fare: è qui che nascono le situazioni paradossali delle coppiette impegnate “nell’amore all’aperto” narrate da Scarpa.

In “Mani” siamo alle prese con il tatto. Venezia è una città piccola, stretta, cresciuta su sé stessa. A volte basta aprire le braccia per toccare entrambi i muri di una calle (la tipica stradina veneziana). A detta dell’autore, la più piccola di tutte si trova nel sestiere San Polo ed è larga appena 65 centimetri: si chiama calle Stretta – non a caso!

Come questa, troverai infinite chicche che lo scrittore dispensa lungo le pagine di “Venezia è un pesce. Una guida”

Nel capitoletto “Volto” lo scrittore ci ricorda che Venezia è una città di prossimità, talmente tanto da eliminare qualsiasi tipo di intimità. Quando va bene, le finestre tra i due lati di una calle sono al massimo ad un metro di distanza. Da qui nasce la fortuna del Carnevale e dei travestimenti: il veneziano con una maschera addosso può finalmente proteggere la sua privacy.

In “Orecchie” siamo invitati a fare caso al continuo alternarsi di fracasso infernale e silenzio ovattato. Si passa dal Canal Grande, col traffico strombettante delle barche di trasporto, alle corti e alle calli dove impera una calma atona, a tratti surreale.

“Bocca” è il regno del bàcaro, una sorta di osteria che si trova solo a Venezia. Quelle vecchio stampo anche qui sono sempre più rare, ne sopravvive qualcuna nelle calli vicino al mercato di Rialto. Nel bàcaro c’è una quantità enorme di assaggini, i celeberrimi cichéti, che devono essere accompagnati dal canonico bicchiere di vino che, in dialetto veneziano, si chiama ombra.

Sempre in questo capitolo, l’autore suggerisce tre piatti della tradizione un po’ particolari: Bìgoli in salsa, sarde in sàor e figà a la venessiana. Tra le pagine di “Venezia è un pesce. Una guida” potrai trovare qualche informazione in più su queste specialità della cucina lagunare.

Nel capitolo “Naso”, Scarpa ci mette in guardia dal fetore dei rii veneziani. Alcuni si manifestano subito, mentre altri sono più insidiosi, perché il loro carattere nauseabondo viene fuori solo in determinate condizioni ambientali.

L’arguta ironia di Scarpa si fa sublime nell’ultimo paragrafo “Occhi”, dove l’autore invita ad indossare occhiali scuri per difendersi dalla bellezza abbagliante di Venezia. Una bellezza che si manifesta nel centro storico e nei monumenti più importanti, ma anche – con un tocco pittoresco – nelle calli e sui ponticelli che scavalcano i rii.

“Vieni presa a facciate dalla bellezza, schiaffeggiata, malmenata. Andrea Palladio ti atterra. Baldassarre Longhena ti stende. Mauro Codussi e Jacopo Sansovino ti annientano. Ti senti male”.

Come Isole di Marco Lodoli per Roma, anche questa guida inusuale a una delle città più note al mondo (ma forse, leggendo il libro, non poi così profondamente conosciuta) invita il lettore a camminare, errare senza sosta e senza meta tra calli, campi e campielli. Perché vale la pena andare a Venezia solo se si vuole incontrare la sua anima più intensa e ancestrale:

“Perché vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona”.

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“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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