Gian Lorenzo Bernini e i campanili di San Pietro Cronaca di una disfatta…

Tanto che, per un periodo di tempo, Bernini fu cancellato dal vertice del firmamento artistico di Roma e precipitato in una sorta di purgatorio professionale

Ritorniamo a parlare del più grande artista dell’epoca barocca:

  • Gian Lorenzo Bernini.

Ricchissimo, famoso in tutta Europa, trattato da papi e re come inter pares, Gian Lorenzo Bernini è un divo ante litteram.

Con la sua favella accattivante e i baffetti curatissimi, domina con una creatività inesauribile l’intera scena artistica barocca. Un idolo indiscusso!

Nonostante la sua carriera lunga ed eccezionale, anche lui è incappato in momenti bui. Anche il “Cavalier Bernino” è stato artefice di progetti naufragati e finiti alle ortiche. A riprova del fatto che il successo non è un percorso lineare ma un strada accidentata, percorribile soltanto da animi intrepidi e ingegni audaci.

Quella che stiamo per raccontare è la storia del più atroce fallimento di Gian Lorenzo Bernini.

La storia dei campanili di San Pietro.

Gian Lorenzo Bernini: cronaca di una disfatta

Roma, febbraio dell’anno 1646.

Gian Lorenzo Bernini è un uomo distrutto. I suoi occhi si perdono nel vuoto, la sua oratoria magnetica ha lasciato il passo ad un silenzio prolungato ed assordante.

Si aggira come un fantasma per le strade intorno a via della Mercede, dove vive e lavora. E quando si avvicina al grande tempio della cristianità, i suoi occhi si velano di una luce triste e malinconica.

Un nugolo di operai lavora di gran lena intorno alla facciata della Basilica di San Pietro. Ad ogni pietra che viene calata al suolo, il suo cuore sobbalza per lo sconforto.

Quegli operai, alle prese con funi e carrucole, non stanno tirando su l’ennesima impresa architettonica del vicario di Cristo. Ma stanno letteralmente smontando, pezzo dopo pezzo, uno dei campanili di San Pietro. Il campanile di Gian Lorenzo Bernini.

I giorni passano così. Gian Lorenzo Bernini si piange addosso, è incapace di reagire. La demolizione dei campanili è l’emblema della sua disfatta personale. La sua carriera artistica e professionale viene annientata nel giro di pochi mesi, l’artista è messo all’angolo.

E i suoi detrattori, dopo aver vissuto per anni nella sua ombra, emergono come avvoltoi dal cielo cupo pronti a fiondarsi sulla preda per farla a brandelli. E l’artista non può far altro che maledire se stesso, maledire la sua arroganza e la sua superbia.

Il suo pensiero corre all’anno 1637, quando papa Urbano VIII gli affidò quel compito che sarà per lui fonte di immane sciagura. Innalzare i campanili di San Pietro.

Gian Lorenzo Bernini, audace come sempre, accettò senza remore. Non poteva sapere che in quel momento stava firmando la sua rovina professionale.

Ritratto di Gian Lorenzo Bernini
Gian Lorenzo Bernini#google images

La facciata di San Pietro: un progetto travagliato

Ma per capire ancor meglio la tormentata storia dei campanili di San Pietro, bisogna fare un ulteriore passo indietro.

Siamo nel 1612, sotto il pontificato di papa Paolo V Borghese. L’architetto Carlo Maderno sta per portare a compimento la facciata della basilica di San Pietro – come indicato nella scritta dedicatoria visibile ancora oggi sul fregio.

La facciata è possente e maestosa. I pellegrini sarebbero andati letteralmente in visibilio di fronte a questa portentosa macchina architettonica. Eppure non tutti sono così entusiasti: tra gli addetti ai lavori serpeggia un certo malumore. In verità, anche molti romani e tanti fedeli si trovano un po’ smarriti una volta giunti all’ingresso della basilica.

La  grandiosa cupola di Michelangelo era visibile da ogni angolo di Roma eccetto che da un punto: proprio stando dinanzi alla facciata.

Ne era passata di acqua sotto ai ponti dalla grandiosa idea dell’architetto Donato Bramante. Questi all’inizio del ‘500 – sotto la guida di papa Giulio II – aveva progettato un edificio a pianta centrale. L’immensa cupola – proseguita poi da Michelangelo – avrebbe dovuto simbolicamente proteggere per l’eternità la tomba di San Pietro, il primo papa.

Ma nel corso degli anni le cose cambieranno e la pianta centrale venne abbandonata in favore della classica pianta a croce latina. D’altronde, il tipo basilicale era sicuramente più adeguato allo svolgimento delle funzioni religiose.

L’allungamento della navata verso est aveva alterato la visione della cupola. E la facciata di Maderno appariva sì imponente ma troppo larga e schiacciata. E, soprattutto, impediva la visione diretta della cupola.

Quando la costruzione della facciata si avviava verso le sue battute conclusive – lo stesso Paolo V cercò di correre ai ripari. E fu così che nacque l’idea dei campanili di San Pietro. Un’idea da cui discese la successiva sciagura del nostro Gian Lorenzo Bernini.

I campanili di San Pietro: un progetto sciagurato

Ma perché proprio dei campanili? E in che modo la costruzione delle torri avrebbe mitigato il problema della visione della cupola?

I campanili, svettando oltre la facciata, avrebbero creato una cornice immaginaria in modo da inquadrare la cupola e darle un risalto maggiore rispetto alla situazione attuale.

Paolo V affidò l’erezione dei campanili sempre a Carlo Maderno, che era pur sempre l’architetto della fabbrica di San Pietro. E qui ebbe inizio quella trafila tragicomica destinata a durare anni tra ripensamenti, rifacimenti, rallentamenti e continue riprese dei lavori.

Una telenovela architettonica iniziata nel 1612 e terminata mestamente nel 1646 quando Gian Lorenzo Bernini si vide smontare sotto gli occhi uno dei suoi sventurati campanili.

Quando Carlo Maderno iniziò la costruzione dei campanili di San Pietro, ci si accorse subito di un grave problema. Il terreno al di sotto del campanile sud – sul lato sinistro guardando la facciata – presentava importanti fenomeni di dissesto. Maderno intervenne prontamente, facendo scavare delle fondazioni profonde ben 30 metri. Ma il risultato non fu quello sperato.

Nell’anno 1621, alla morte di Paolo V, Maderno aveva tirato su le arcate dei campanili fino al livello del tetto della basilica. Ma in seguito, specie per i fenomeni di dissesto sotto il suolo della torre sud, il lavoro fu lasciato incompiuto.

Il risultato finale, a quel punto, era peggiore di quello iniziale. La facciata di San Pietro risultava ancora più larga e tozza con l’innesto – ai lati del prospetto – dei basamenti delle torri campanarie.

gian lorenzo bernini basilica san pietro campanili
I campanili di San Pietro nel progetto del Maderno#da R. Wittkower, 2017

I campanili di San Pietro: più croce che delizia

Negli anni ’30 del ‘600, il papa Urbano VIII Barberini era deciso a portare a compimento il progetto dei campanili.

Il compito a quel punto fu affidato a Gian Lorenzo Bernini. Architetto in capo della fabbrica di San Pietro, dopo la morte di Carlo Maderno, e “artista-feticcio” del papa. L’artista e il pontefice avevano da poco portato a compimento il memorabile baldacchino bronzeo, eretto sotto la cupola michelangiolesca.

Gian Lorenzo Bernini era pronto ad accettare la sfida dei campanili. Forte della perizia di alcuni capomastri che avevano ritenuto solidissime le fondamenta gettate dal Maderno, a quel punto si volle esagerare. I suoi campanili sarebbero svettati per 30 metri con un costo previsto di circa 70.000 scudi, più del doppio di quanto previsto precedentemente.

Ma Gian Lorenzo Bernini aveva fatto i conti senza l’oste. Forse la relazione dei capomastri sulle fondazioni non era poi così attendibile. Forse la sua esuberanza creativa era smisurata rispetto a quel terreno instabile. Nel 1642 i lavori della torre sud dovettero arrestarsi per la comparsa di vistose crepe nella facciata. Il campanile e buona parte della facciata vicina a questo minacciavano di rovinare al suolo.

Urbano VIII nel frattempo, sempre più minato nel fisico, si era gettato in un improbabile conflitto bellico (la cosiddetta guerra di Castro) che aveva dissanguato le casse pontificie. Il papa si disinteressò al destino dei campanili e quando morì (nel 1644) la situazione era ai limiti del disastro.

I campanili sembravano dei giganti in ginocchio. E nulla al mondo li avrebbe mai più risollevati.

La disfatta di Gian Lorenzo Bernini

Con l’elezione al soglio pontificio di Innocenzo X Pamphili, la buona stella di Gian Lorenzo Bernini si eclissò definitivamente.

Il papa, impegnato ad annientare i Barberini e a rimpinguare le casse prosciugate dal suo predecessore, trovò il tempo di interessarsi al destino dei campanili. Ma la loro sorte era ormai segnata.

Nel 1645 venne creato un profondo scavo in prossimità della torre sud per ispezionare da vicino le fondamenta. Alcuni architetti e capomastri furono invitati ad effettuare un sopralluogo e a stilare una relazione tecnica che avrebbero poi illustrato alla Congregazione dei cardinali.

Alcune delle relazioni imputavano i problemi strutturali alle fondazioni gettate in opera dal Maderno. Ma una delle memorie presentate era di diverso avviso. Qui si affermava che le fondazioni di Maderno fossero solide ed efficienti mentre le torri campanarie del Bernini erano sproporzionate rispetto alle basi.

Così recitavano le memorie di Francesco Borromini, grande architetto del barocco romano e nemico giurato di Gian Lorenzo Bernini. Tra il suo maestro e il rivale di sempre, Borromini non aveva esitato a “gettare dalla torre” Gian Lorenzo Bernini.

Non possiamo affermare con certezza che fu proprio la relazione di Borromini a far precipitare gli eventi. Ma Innocenzo X, nel febbraio del 1646, decise di far abbattere il campanile di Gian Lorenzo Bernini.

La disfatta era compiuta. La carriera di Gian Lorenzo Bernini era stata totalmente demolita come i suoi campanili. Ma come la fenice che risorge dalle sue ceneri, anche la stella di Gian Lorenzo Bernini era destinata a brillare nuovamente. Perché il suo animo era stato piegato ma non spezzato. Il suo spirito mai domo doveva per forza di cose continuare nel suo processo creativo. Era la stessa storia dell’arte che glielo chiedeva.

Perché dopo una disfatta, per quanto cocente possa essere, deve esserci sempre una rivincita…

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

Tra pochi minuti riceverai la mail con la Guida ai Siti Unesco d’Italia

Ps. Se non la trovi ricordati di controllare nella cartella Spam

Scarica la guida completa ai siti unesco d'italia