L’Obelisco Vaticano Storia di papi, di architetti e di piani urbanistici

Domenico Fontana fù Architetto molto celebre, per l’erettione de gli Obelischi, onde acquistossi eterna fama

Tutti gli obelischi di Roma hanno una storia incredibile e fuori dal comune. Ma

  • l’Obelisco Vaticano

è stato il protagonista di un’autentica rivoluzione urbanistica compiuta nella caput mundi tra il 1585 e il 1590.

L’impresa dell’Obelisco Vaticano ha lasciato con il fiato sospeso migliaia di persone. Mentre altre centinaia si davano da fare per spostare e movimentare questo manufatto incredibile.

Oltre alle numerosissime maestranze e agli operai accorsi per compiere l’impresa, due uomini su tutti guardavano trepidanti all’innalzamento dell’Obelisco Vaticano. Il primo, come nelle sue funzioni, pregava per sé, per il suo popolo e per la riuscita dell’operazione. Il secondo pregava in cuor suo e sperava soltanto che i suoi calcoli e le sue macchine fossero sufficienti a non far spezzare la lunga stele.

Questa è la storia, a tratti leggendaria, dello spostamento dell’Obelisco Vaticano.

L’Obelisco Vaticano: pochi metri per la gloria

Roma, 10 settembre dell’anno 1586.

Migliaia di persone sono accalcate nei pressi della basilica di San Pietro. Chi prega, chi assiste in ginocchio, chi si copre il volto con le mani per la tensione. Altre centinaia sono alle prese con funi, contrappesi, argani e marchingegni vari. Nell’impresa vengono coinvolti anche cavalli e altri animali, necessari per tirare e sopportare l’enorme peso del manufatto.

Malgrado la folla e i manovali, malgrado gli animali e il gran numero di persone affaccendate intorno al marchingegno – davanti San Pietro non vola una mosca.

L’atmosfera è tesa come le chilometriche corde che reggono la gabbia della stele. Solo la voce dell’architetto – con i suoi ordini netti – fende l’aria intorno alla basilica.

Il momento è cruciale. L’ Obelisco Vaticano è quasi nuovamente in verticale.

Tra la gente, la tensione muta sale alle stelle. I cavalli sono stremati per lo sforzo, gli operai sudano all’inverosimile per l’agitazione e il nervosismo. Lo stridio delle funi è come un brivido che corre lungo le schiene degli astanti.

Quando mancano davvero pochi centimetri al traguardo, qualcosa sembra andare storto. Le corde, a causa dell’attrito, sono ai limiti della sopportazione. Se dovessero rompersi, in un attimo sarebbe tutto perduto.

A quel punto, tra lo sgomento generale, una voce massiccia e potente si alza dalla folla: “acqua alle corde”!

In realtà, l’imperativo viene gridato in dialetto ligure ma l’ammonimento è chiaro a tutti. Bisogna bagnare le corde per ridurre l’attrito. Gli operai si guardano un attimo smarriti, l’architetto sembra fare un cenno col capo. Tutti corrono a buttare acqua sulle funi.

L’Obelisco Vaticano viene definitivamente collocato al suo posto, quello che occupa imperturbabile da quasi 435 anni.

Tutti emettono un sospiro di sollievo. Operai, papa, architetto e fedeli. Tutti tranne il marinaio ligure.

Il perdono e il trionfo

Sembra che un editto papale avesse vietato di emettere grida e rumori di qualsiasi tipo durante la complessa operazione dell’innalzamento dell’Obelisco Vaticano. Chi avesse contravvenuto tale decreto, sarebbe andato incontro addirittura alla pena di morte.

Tuttavia, in quel momento di difficoltà con le corde allo stremo, il marinaio ligure che assisteva all’evento in mezzo alla folla non seppe trattenersi. La sua esperienza tra legni e imbarcazioni era tale da permettergli di urlare quel monito.

Un monito che salvò capra e cavoli. O meglio, salvò l’Obelisco Vaticano dalla rottura e l’architetto dalla rovina professionale. E il papa non poté non benedire quel marinaio, sbarcato in quel giorno in missione salvifica davanti alla basilica di San Pietro.

Il papa Sisto V, al secolo Felice Peretti, fu prodigo di riconoscimenti per Bresca, il marinaio ligure. Ma fu ancora più prodigo nei confronti del suo architetto: Domenico Fontana. Il quale fu coperto di onori, prebende e lauti compensi. Ma soprattutto, cosa non comune all’epoca, venne elevato al rango nobiliare e nominato cavaliere dello Speron d’oro. Non a caso, sia per l’impresa dell’Obelisco Vaticano che per la nomina ricevuta, Domenico Fontana venne benevolmente soprannominato il “Cavaliere della Guglia”.

Il sodalizio tra un pontefice e il suo artista/architetto di fiducia non è un fatto nuovo nella storia dell’arte. Abbiamo già visto il rapporto di Giulio II con Bramante, Michelangelo e Raffaello nei primi anni del ‘500. O quello intercorso in età barocca tra Urbano VIII e Gian Lorenzo Bernini.

L’elemento incredibile della collaborazione tra Sisto V e Domenico Fontana è l’esiguità del tempo. Sisto V regnò soltanto 5 anni, dal 1585 e il 1590. Ma in quei cinque anni – con il suo architetto – riuscì letteralmente a rivoluzionare l’urbanistica di una città complessa e stratificata come Roma.

Sisto V: cinque anni rivoluzionari

Quella dell’Obelisco Vaticano è soltanto una delle tante imprese di Sisto V. Il papa era un uomo severo e rigoroso, proveniva da una famiglia di umili origini e si era fatto strada da solo nelle competitive gerarchie ecclesiastiche.

La sua opera di rinnovamento era a largo raggio, investiva diversi campi dell’azione umana e aveva come obiettivo ultimo quello di riorganizzare dalle fondamenta lo stato pontificio. In questa visione delle cose, particolare importanza era data all’architettura ma ancor di più all’urbanistica e alla pianificazione territoriale. Il rinnovamento morale, sociale ed economico della Chiesa e del suo stato erano impensabili senza il parallelo rinnovamento urbano di Roma.

In campo architettonico furono compiute opere immani. Basti pensare al completamento della cupola michelangiolesca di San Pietro e alla costruzione del nuovo palazzo apostolico a San Giovanni in Laterano.

Per il corretto funzionamento della macchina urbana, fondamentali sono gli interventi relativi al potenziamento della rete viaria e degli acquedotti. Sisto V fece realizzare il cosiddetto acquedotto Felice, un tracciato idrico di 30 km che termina con la Fontana del Mosè a piazza San Bernardo.

Sempre nell’arco dei 5 anni del suo breve ma intensissimo pontificato, Sisto V fu il padre della rivoluzione urbanistica di Roma. E il rinnovamento urbano si fondava sul cosiddetto piano sistino, una sorta di piano urbanistico ante litteram.

L’idea di base era quella di connettere in un disegno a stella le maggiori basiliche di Roma. La connessione sarebbe avvenuta tramiti lunghi rettilinei stradali che avrebbero avuto come elementi terminali le basiliche stesse. E i nodi di questi grandi strade-cannocchiale sarebbero stati rimarcati con l’innalzamento degli obelischi egizi che avrebbero assunto la funzione di punti focali dei cannocchiali stessi.

Il piano urbanistico sistino

Gli obelischi egizi, tra cui l’Obelisco Vaticano, avrebbero svolto la funzione di “fari urbani” nell’ampio disegno di rinnovamento urbanistico della città noto come piano sistino.

In realtà, il nodo principale del piano urbano di Sisto V era Santa Maria Maggiore. L’abside della basilica venne unita visivamente a Trinità dei Monti tramite il primo tratto del rettifilo noto all’epoca come Strada Felice. Il secondo tratto di questa strada congiungeva poi il fronte di Santa Maria Maggiore con Santa Croce in Gerusalemme. Sempre dal sagrato di Santa Maria Maggiore, dipartiva via Merulana che la metteva in comunicazione con la basilica di San Giovanni in Laterano.

Altre rettifili raccordavano simbolicamente e fisicamente il Laterano con il Colosseo e il Quirinale con Porta Pia.

Oltre all’Obelisco Vaticano, per esaltare le emergenze architettoniche, durante il regno di Sisto V furono innalzati altri tre obelischi egizi. L’Obelisco Esquilino davanti all’abside di Santa Maria Maggiore nel 1587. L’Obelisco Lateranense in piazza San Giovanni in Laterano nel 1588 e l’Obelisco Flaminio al centro di piazza del Popolo nel 1589.

Nei successivi articoli, avremo modo di conoscere tutti gli obelischi egizi di Roma. Ora ci tocca spendere qualche parola su Domenico Fontana, il Cavaliere della Guglia che innalzò l’Obelisco Vaticano

La maggior parte delle imprese architettoniche e urbanistiche compiute durante il pontificato di Sisto V furono appannaggio di Domenico Fontana. Fa eccezione il completamento della cupola michelangiolesca riconducibile maggiormente all’operato di Giacomo Della Porta.

Domenico Fontana: il Cavaliere della Guglia

Domenico Fontana nacque nell’attuale Canton Ticino. Fu il primo di una importante serie di architetti originari di quella zona che a Roma ebbero fama e celebrità. Dopo di lui fu la volta di  Carlo Maderno, nipote di Domenico Fontana,  e poi di Francesco Borromini, il genio dell’architettura barocca.

Dopo la morte di Sisto V, Domenico Fontana emigrò a Napoli dove lavorò per i viceré spagnoli come architetto regio e ingegnere maggiore del Regno. Qui, tra le altre cose, ideò e realizzò il Palazzo Reale in piazza del Plebiscito.

Ritornando al sodalizio con Sisto V, l’eco dell’innalzamento dell’Obelisco Vaticano rimane insuperato. Questa impresa, ai limiti dell’eroico, segnò per sempre la sua fama tra i contemporanei. Una fama amplificata dal libro che lo stesso Domenico Fontana pubblicò in merito nel 1590, intitolato non a caso “Trasportatione dell’obelisco vaticano”.

Una fama, oggi sicuramente scemata, che fu ampia anche nella generazione successiva alla sua. Non è un caso che Domenico Fontana è l’unico architetto a comparire nelle “Vite” di Giovan Pietro Bellori, uno dei testi epocali per la storia dell’arte.

Per fortuna di tutti noi, Domenico Fontana divenne celebre per l’innalzamento dell’Obelisco Vaticano e non per la distruzione del… Colosseo. Già, perché tra i progetti rivoluzionari di Sisto V c’era anche quello di trasformare l’anfiteatro romano in un lanificio!

L’architetto progettò nei dettagli l’impianto industriale disponendo il lanificio al piano terra del Colosseo e gli alloggi degli operai nei livelli superiori.

Morto il papa nel 1590, che in questo caso si era lasciato prendere un po’ troppo la mano, il progetto fu abbandonato. E senza la distruzione del Colosseo, le imprese di Sisto V e di Domenico Fontana divennero memorabili e possono essere raccontate ancora oggi per la loro efficacia rivoluzionaria.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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