PIENZA La città ideale si fa reale

Lo stesso Pio II s'era preparata da sé l'alta posizione cui giunse col fascino irresistibile della sua eloquenza, né senza di essa forse vi sarebbe mai giunto, a dispetto di tutta la sua abilità diplomatica e della sua vasta dottrina. «Nulla infatti», dice un contemporaneo, «rapiva, quanto l'impeto della sua parola». Questa fu certo la causa principale, per cui moltissimi lo reputarono degno del Papato, ancora prima che fosse eletto.

Addentriamoci nei meandri e nei vicoli di un vero e proprio sogno urbanistico del Rinascimento:

  • la città ideale di Pienza

voluta dal papa umanista Pio II Piccolomini e progettata dall’architetto Bernardo Rossellino.

Il mito della città ideale

Tutto nasce da un incontro tra filosofia e urbanistica.

Durante il periodo rinascimentale, l’analisi filosofica intorno alla migliore organizzazione politica possibile viene sposata dagli architetti che traslano questo ideale nei loro progetti e nelle visioni equilibrate di edifici a pianta centrale o di parti di città razionali e quasi metafisiche.

La sperimentazione progettuale alla ricerca della forma urbis perfetta avviene in diversi ambiti, come architettura e pittura, ma è possibile rintracciare un filo che lega in maniera unitaria le varie esperienze sul tema.

In architettura, vale la pena citare la città immaginaria di Sforzinda, una struttura urbana stellare che il Filarete introduce nel suo Trattato di architettura; oppure le sperimentazioni tipologiche di Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci che, nei loro schizzi e disegni, cercano di fissare l’archetipo dell’edificio a pianta centrale – un archetipo che più tardi sarà splendidamente realizzato da Donato Bramante con il suo tempietto di S. Pietro in Montorio.

Ma anche la pittura non rifiuta di confrontarsi con questo affascinante soggetto: pensa alle tre splendide Vedute di città ideali – di mano ancora ignota – conservate oggi nei musei di Urbino, Baltimora e Berlino. In particolare, nella tavola di Urbino, uno splendido tempio centrale è inquadrato in due quinte laterali di edifici, in fuga prospettica verso un punto posto in lontananza alle spalle dell’edificio principale.

La Tavola di Urbino con la città ideale
La Tavola di Urbino#googleimages

La piazza, dal sapore quasi metafisico, con la sua razionale scacchiera, esalta ancor di più l’idea delle perfette proporzioni e delle corrispondenze geometriche, nel desiderio di ricercare un’armonia rigorosa e matematica che avvicini l’artista e l’architetto, per quanto possibile, alla perfezione divina.

Dall’ideale al reale

Durante il periodo rinascimentale dalla ricerca si passa infine all’azione, e ci si sporca le mani provando a realizzare con le pesanti pietre i pezzi delle città ideali sognate.

A questo primo periodo risalgono le sperimentazioni intorno al palazzo ducale di Urbino – il palazzo-città – incoraggiate dal duca Federico di Montefeltro, oppure la famosa addizione erculea, il quartiere aggiunto alla città di Ferrara durante il dominio del duca Ercole I d’Este (puoi approfondire il tema nella Guida ai siti Unesco d’Italia

Ma il sogno della città ideale non si esaurisce nel Rinascimento.

Esso infatti persiste nella storia italiana dei secoli successivi e ispira progetti urbanistici esemplari iconici:

  • Palmanova, nata nel ‘500 come fortezza militare su impulso della Serenissima;
  • la settecentesca Leucio nei pressi di Caserta, dove il re Borbone fondò un’industria della seta conforme ai dettami dell’egualitarismo illuminista;
  • il villaggio di Crespi d’Adda – insediamento operaio ideale sorto nel bergamasco alla fine dell’ottocento

(Palmanova, S. Leucio e Crespi d’Adda le trovi nella Guida ai siti Unesco d’Italia)

Pienza: la città ideale del papa

Eccoci dunque a Pienza.

Questa città nel cuore della val d’Orcia, a circa 50 km da Siena, riveste un ruolo fondamentale lungo il percorso alla ricerca dell’ideale. Un piccolo paradiso dell’architettura del ‘400, che altro non è che il sogno fatto realtà del papa Pio II, al secolo Silvio Enea Piccolomini, insigne umanista, letterato e uomo rinascimentale fin nel midollo.

Salito al soglio pontificio nel 1458, già l’anno dopo Pio II decide di ristrutturare quasi completamente il suo piccolo borgo natio, all’epoca noto con il nome di Corsignano. Dopo gli interventi da lui promossi, la cittadina diventa sede episcopale e muta il nome in Pienza: un omaggio eterno al nome del suo figlio più illustre.

Per realizzare fisicamente i suoi ideali urbanistici, Pio II chiamò a intervenire l’architetto Bernardo Rossellino, uno dei più importanti aiuti e allievi di Leon Battista Alberti. Rossellino lavorò in maniera spedita dal 1459 in poi, tant’è che la chiesa fu inaugurata dal papa già nel 1462. Per la precisione, va però ricordato che l’impegno del papa e dell’architetto non si concentrò solo ed esclusivamente sulla piazza e sugli edifici principali, ma investì tutto il costruito dell’epoca: si tratta di un progetto urbanistico unitario, che prevede la realizzazione in zone diverse di un ospedale, di un albergo, della piazza del mercato e, addirittura, di un blocco di case a schiera per i cittadini più poveri.

Il progetto urbano ebbe però un’inevitabile battuta di arresto nel 1464. Incredibilmente, quasi nello stesso momento, sia il papa finanziatore che l’architetto esecutore vennero meno.

La piazza: il centro del mondo rinascimentale

Il progetto urbano unitario raggiunge l’apice della qualità architettonica nella sistemazione della piazza (oggi denominata piazza Pio II) e nella ristrutturazione della chiesa e dei palazzi che si affacciano su di essa.

La piazza rappresenta il centro civico e religioso, il cuore della vita rinascimentale, dove gli uomini del tempo si incontrano per discutere di politica e scambi commerciali e il popolo tutto si riversa per adunarsi in chiesa e assistere alle funzioni religiose.

La piazza di Pienza è lastricata con mattoni in cotto, suddivisi da strisce di travertino bianco, così da scandire moduli geometrici ben definiti, che raccordano spazialmente gli edifici prospettanti sullo spazio aperto. Inoltre, la piazza ha una forma trapezoidale: ulteriore elemento che, in un gioco di pura prospettiva, dà maggiore ampiezza a tutta la composizione ed esalta in maniera scenografica la facciata della chiesa.

Proprio sulla piazza trapezoidale affacciano gli edifici principali della città; il Duomo si adagia sul lato più lungo, guardando la facciata della chiesa poi troviamo sulla destra il Palazzo Piccolomini e sugli altri lati il palazzo pubblico (sede dei Priori) e il palazzo vescovile.

E tra questi monumentali palazzi, ti parlerò in particolare dei due maggiori capolavori architettonici:

  • il Duomo
  • il Palazzo Piccolomini
Pienza dall'alto
Il centro di Pienza #googlemaps

Il duomo

L’esterno del Duomo risente notevolmente dell’influenza del linguaggio di Leon Battista Alberti e in particolare del tempio Malatestiano di Rimini nella bianca facciata tripartita, scandita da alte lesene che proseguono a tutta altezza fino al timpano di coronamento.

L’interno, al contrario, ha poco o nulla di rinascimentale, poiché il papa volle uno spazio il più simile possibile alle chiese ad aula tedesche, con altezza delle tre navate uguali, memore dei viaggi da lui intrapresi a nord delle Alpi.

Il Duomo presenta, inoltre, due particolarità molto suggestive, probabilmente frutto dei colti interessi del papa che spaziavano fino alla mitologia e all’astronomia.

Al centro della facciata della chiesa è visibile un rosone in forma di oculo sormontato dalle insegne papali. Se ti guardi bene intorno, posizionandoti al centro della piazza antistante, ne puoi vedere un altro simile tracciato a terra, un cerchio di travertino che gli abitanti del posto chiamano “tondino”. Curiosamente, l’oculo sulla chiesa e il tondino nella piazza sono in simmetria tra di loro, nel senso che se si ribaltasse la facciata del Duomo sulla piazza oculo e tondino corrisponderebbero perfettamente. Non è facile capire il significato della connessione dei due elementi architettonici: è possibile che simboleggino l’unione di cielo e terra, ma mille altri significati potrebbero essere celati dietro questa congiunzione simbolica.

La seconda peculiarità consiste nel fatto che in alcuni giorni dell’anno, l’ombra della chiesa occupa totalmente e con precisione assoluta tutto lo spazio della piazza, quasi come se fosse una gigantesca meridiana.

Anche qui siamo di fronte ad un messaggio in codice lasciato da Pio II ai posteri?

Il Palazzo Piccolomini

L’altro capolavoro architettonico di Pienza è il Palazzo Piccolomini. Qui ancora più che nel Duomo, Rossellino prende ad esempio un’opera di Alberti: si tratta del palazzo Rucellai di Firenze, uno dei grandi modelli di edificio civile del Rinascimento, al cui cantiere Rossellino aveva lavorato in prima persona.

Su impulso di Pio II, il palazzo presenta una variante fondamentale e di grande impatto scenografico. Alle spalle dell’edifico e della chiesa si apre un panorama mozzafiato tramite cui si domina parte della Val d’Orcia. Per questo motivo, Pio II impone all’architetto di trattare il lato meridionale con un grandioso loggiato da cui poter godere la vista della natura e dello straordinario paesaggio che ancora oggi conserva quei tratti di unicità che il papa poteva ammirare nel ‘400.

Il rapporto simbiotico tra il papa e l’architetto ha prodotto un capolavoro urbanistico che ancora oggi ti lascia a bocca aperta per la sua perfezione compositiva. È anche vero, però, che tutta questa bellezza ideale un costo molto tangibile lo ebbe: Pio II probabilmente si indispose un pochino quando realizzò che la spesa finale era triplicata rispetto a quanto preventivato inizialmente dal Rossellino.

I mal di pancia però lasciarono presto il passo a una profonda gioia e al perdono per l’architetto, se è vero che di fronte a tanta magnificenza il papa scrisse ne I Commentarii:

“Hai fatto bene, Bernardo, proprio davvero, a mentirci sulla spesa futura di tutta l’opera; se ci avessi detto il vero non ci avresti mai persuaso a metter fuori una sì gran somma, e questo nobile Palazzo e la Cattedrale stupenda fra quante sono in Italia, non esisterebbero. Per merito del tuo inganno sono sorti in breve tempo questi meravigliosi edifici, che tutti lodano, tranne pochi, rosi dall’invidia e dal livore. Così noi ti ringraziamo e ti riteniamo degno del più alto onore fra quanti architetti sono ora viventi”.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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