Il quartiere Coppedè a Roma Storia e misteri di un luogo incantato

Prendendo via Tagliamento da piazza Buenos Aires (…) si rimane spiazzati davanti a una costruzione maestosa, magniloquente, straripante, che nel suo essere sfacciatamente e orgogliosamente “altra” pare quasi un insulto per tutto quanto vi è intorno: il quartiere Coppedè

Tra le pagine di Perdersi a Roma, oggi tocchiamo un luogo dove bellezza e mistero si incastrano indissolubilmente. Stiamo parlando del:

  • quartiere Coppedè a Roma.

Abbiamo visitato già altri posti straordinari e “moderni” della città eterna. Come la Garbatella che nel 2020 ha festeggiato i 100 anni di vita. O l’EUR che fu teatro di scontro di schiere di architetti italiani del ‘900.

Ma il quartiere Coppedè a Roma aggiunge, al fascino delle sue pietre e dei suoi edifici, un velo enigmatico al limite dell’estraniante.

Ma chi fu l’architetto che realizzò questo unicum nel panorama urbanistico di Roma? Quali sono i misteri che si celano dietro le facciate dei palazzi? A quali enigma rimandano le sculture e gli altorilievi incastonati come perle preziose negli edifici del quartiere Coppedè a Roma?

Cerchiamo di capire alcune dei segreti del quartiere Coppedè a Roma facendo un passo indietro. Ma questa volta non nella storia ma… all’interno di una pellicola cinematografica!

Il quartiere Coppedè a Roma: “Inferno” in città

Roma. Esterno notte. Cabina taxi.

La pioggia battente si abbatte glaciale sui vetri dell’auto. Un taxi giallo, di quelli vecchio tipo, avanza in una insolita notte romana, fredda e insonne.

Una donna bionda, seduta sul sedile posteriore, stringe una lettera in mano. Fino a quel momento non ha avuto il coraggio di aprirla. Ma non sta più nella pelle. Non può far altro che leggerla. Un brivido le attraversa la schiena e in un attimo la sua faccia si distorce in una maschera di preoccupazione. Una musica ipnotica rimbomba nelle sue orecchie mentre i suoi occhi scorrono sulle parole scritte.

A quel punto decide di cambiare strada e intima al tassista un nuovo indirizzo da raggiungere. Via dei Bagni n. 49. Malgrado la pioggia torrenziale, il taxi corre spedito nella notte verso la nuova destinazione. Arrivati alla meta si palesa ai nostri occhi una scena urbana inquietante.

Il taxi frena deciso davanti al civico indicato dalla donna. Una nebbia densa cala sulla città. Sulla destra in primo piano, si scorge la mole di una fontana che sembra emettere bagliori sulfurei. E al centro, oltre il taxi giallo, si apre l’imponente scalinata di un palazzo. Sotto l’arco di ingresso, si staglia la figura impassibile del portiere. Immobile, come se stesse aspettando la donna bionda da un tempo indefinito lì sulla soglia della Biblioteca Filosofica.

Non stiamo narrando la realtà storica ma alcuni minuti di una pellicola cinematografica. Minuti in cui, tra i protagonisti elencati in queste scene sinistre, appare anche l’enigmatico quartiere Coppedè a Roma.

Ma dove ritroviamo precisamente il quartiere Coppedè a Roma all’interno del film? E perché questo luogo si presta così bene all’occhio della macchina da presa? Lo scopriremo tra poco.

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Una scena del film "Inferno" di Dario Argento#googleimages

Il “Coppedè” al cinema

Le scene descritte sopra sono tratte da uno dei capolavori di Dario Argento, maestro italiano della cinematografia dell’orrore. Il film, uscito nell’anno 1980, si intitola “Inferno”.

Pare che Dario Argento viva a pochi passi da qui. E il quartiere Coppedè a Roma sembra essere una presenza ricorrente nei suoi film.

Ritornando alle scene di “Inferno”, le scale e l’arco della Biblioteca Filosofica altro non sono che quelle del cosiddetto palazzo Senza Nome, uno degli edifici principali del quartiere Coppedè a Roma. E la fontana che emana bagliori sinistri, immortalata nella stessa scena, altro non è che la fontana delle Rane di piazza Mincio – la piazza fulcro di questo luogo. Alcuni minuti dopo, nello stesso film, la donna bionda (una giovane Eleonora Giorgi) scenderà di corsa le scale del palazzo Senza Nome per sfuggire all’assassino. Per poi imboccare, sotto la pioggia battente, il monumentale arcone di ingresso al quartiere posto su via Dora.

Ma il quartiere Coppedè a Roma non è una esclusiva dei film di Dario Argento. Appare anche in molte altre pellicole che hanno in comune una caratteristica: trame a sfondo horror o giallo. E chiaro che i vari registi di questi film hanno scovato, sotto la cortina eclettica degli edifici della zona, il vero filo conduttore del luogo: l’enigma, il mistero e l’esoterismo del quartiere Coppedè a Roma.

In questo articolo dal web, trovate una carrellata dei film più importanti ambientati all’interno del quartiere Coppedè a Roma.

Fino ad ora, abbiamo visto il Coppedè nelle sue “comparsate” cinematografiche. Ora – prima di addentraci tra le sue strade imperscrutabili – non ci rimane che conoscere il papà del quartiere. Quel Gino Coppedè, architetto, che ha dato il suo nome al quartiere.

Gino Coppedè: architetto ed… ebanista

Gino nacque a Firenze nel 1886, figlio di Antonietta Bizzarri e Mariano Coppedè – valente intagliatore ed ebanista. E da queste pochissime informazioni possiamo ricavare gran parte degli elementi che influenzeranno la cifra stilistica del futuro architetto. Molto incentrata sullo “stile fiorentino” (quello manierista in particolare) e sull’abilità dell’intagliare il legno.

Gino, infatti, assieme ai suoi fratelli fu tra i primi allievi del padre Mariano. Fondatore di un fiorente laboratorio – conosciuto con il nome di “la Casa Artistica” – incentrato principalmente sulla produzione di arredi per case e navi. Qui, Gino impara i segreti della scultura in legno. E la ricchezza decorativa, tipica di questa arte, non lo abbandonò mai diventando uno dei caratteri salienti dei suoi progetti architettonici.

Dopo aver terminato gli studi presso la scuola di architettura dell’Accademia di Belle Arti, la carriera professionale di Gino Coppedè prende il volo in un’altra città italiana. A Genova, per il ricco Evan MacKenzie, progetta il cosiddetto castello MacKenzie. Una sorta di castello delle favole impreziosito da una serie infinita di elementi come torrette, merlature, edicole, targhe e stemmi. Il tutto completato internamente con i sopraffini arredi in legno prodotti dalla bottega di famiglia

Anche lontano dalla Toscana, la sua città natale non lo abbandona mai. Ancor di più, considerando che il suo committente – l’assicuratore Evan MacKenzie – era un grande appassionato di Firenze e di Dante. Altro elemento, quello dantesco, che ritornerà con citazioni dirette anche negli edifici del quartiere Coppedè a Roma.

Il successo del castello MacKenzie diede il via alla carriera progettuale di Gino Coppedè, che da quel momento in poi si affermò come progettista di punta dell’alta borghesia italiana. Diventato architetto di fiducia della Società Anonima Edilizia Moderna, in questa veste mise mano alla costruzione del celebre quartiere Coppedè a Roma.

Il quartiere Coppedè a Roma: un breve tour

Il sogno, la fantasia, le citazioni classiche. L’enigma, il mistero e i rimandi esoterici. Gli apparati decorativi, gli ornamenti scultorei, gli stemmi, i fregi e i simboli. E poi la commistione degli stili: il gotico, il manierismo, il barocco, il liberty e l’art-decò.

Il quartiere Coppedè a Roma è tutto questo e molto di più. È una sistemazione urbana di pregio posta nel più ampio quartiere Trieste e dedicata ai ceti sociali più abbienti. Ancora oggi incanta per il fascino che emana. E sotto la sua epidermide sembra nascondere messaggi in codice (forse di tipo massonici?) che hanno ispirato le più svariate interpretazioni.

Nel nostro breve tour, ci concentreremo sugli edifici e sulle strade realizzati dallo stesso Gino Coppedè nella prima parte degli anni ’20 del ‘900. Poche centinaia di metri quadri di scena urbana che sono il cuore stesso del quartiere Coppedè a Roma.

L’ingresso al quartiere Coppedè a Roma ha un accesso privilegiato. Si tratta del grandioso arcone su via Dora che immette, con taglio diagonale, come una solenne porta d’ingresso all’interno di questo pezzo di città. Sotto l’arcone penzola un gigantesco e insolito lampadario in ferro battuto. Sulla facciata principale è posto un mascherone sormontato dallo stemma mediceo. E ancora più sopra, dei dipinti con cavalieri e soldati alla cui base è posto un verso tratto dalla Divina Commedia di Dante. Mentre sulla colonna di sinistra dell’arcone si legge la firma del progettista: Arch Gino Coppedè.

L’arcone, posto diagonalmente su via Dora rispetto alla via Tagliamento, inquadra sullo sfondo i villini delle Fate oltre la fontana delle Rane, forse i due elementi più iconici del luogo. Sempre l’arcone si innesta a sua volta sui cosiddetti palazzi degli Ambasciatori.

Tra le piazze e gli edifici del Coppedè

Dall’ingresso a piazza Mincio, in una atmosfera sospesa, il passo è breve. Sulla piazza, fulcro urbano del quartiere Coppedè a Roma, affacciano i due palazzi progettati dallo stesso Gino Coppedè.

Da un lato si erge il cosiddetto palazzo Senza Nome, al civico n. 2 di piazza Mincio. Fondale della scena del film “Inferno” di Dario Argento, si caratterizza per la marcata strombatura del portale d’ingresso. Decorato magistralmente con un geometrico ed ipnotico disegno a scacchiera.

Speculare a questo è il palazzo del Ragno, al civico n. 4 della stessa piazza. Così chiamato per il disegno del gigantesco ragno su fondo nero posto al di sopra del portone d’ingresso.

Al centro della piazza si staglia la fontana delle Rane. Costituita da due catini circolari con il secondo, più piccolo, posto in alto e caratterizzato dal bordo “infestato” di rane.

quartiere coppedè roma fontana delle rane
La Fontana delle Rane#googleimages

Il nostro breve tour si conclude con i villini delle Fate. Edificati tra il 1924 e il 1925 ad angolo tra via Aterno, piazza Mincio e via Brenta – rappresentano la summa stilistica dell’architettura di Gino Coppedè. Sulla facciata che prospetta su via Aterno ritornano i riferimenti diretti sia a Dante che a Firenze. Dante e Virgilio, infatti, sono posti ai lati di una elegante finestra quadrifora del secondo piano. Mentre poco più in là si apre una pregevole veduta di Firenze, con tanto di Cupola del Brunelleschi, impreziosita dalla scritta “Fiorenza bella”.

Torrette, balconcini, loggiati, porticati e colonnine. E poi ancora dipinti, stemmi, meridiane, intarsi e modanature. La commissione di stili ed elementi trova nei villini delle Fate la degna conclusione del fantasioso iter progettuale di Gino Coppedè. Che per tale motivo non era ben visto dagli architetti duri e puri.

Ma che è stato capace di lasciare ai posteri un autentico sogno ad occhi aperti come il quartiere Coppedè a Roma.

“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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