Pinacoteca di Brera: 5 capolavori dal Rinascimento italiano 1 percorso di visita nel museo milanese

Uditemi: domattina a Rogoredo, prima di scendere, aprite la cassa e vedete se c’è… Quello non è un quadro, è una donna...

Oggi ci immergiamo anima e corpo tra le opere di uno dei musei più importanti del nostro patrimonio artistico e culturale:

  • la Pinacoteca di Brera a Milano

e lo faremo, come sempre, seguendo un itinerario specifico e personalizzato.

Questa volta, ho scelto di illustrarti 5 capolavori dipinti durante quel periodo storico senza pari che è stato il Rinascimento italiano.

Una fase di assoluto rinnovamento culturale che qui, tra le sale della Pinacoteca di Brera, è splendidamente rappresentato dal punto di vista artistico nelle sue variegate declinazioni “regionali”.

Tra le sale della Pinacoteca di Brera

Nell’itinerario rinascimentale tra le sale della Pinacoteca di Brera ammireremo:

  • una pala d’altare dai molti nomi capolavoro assoluto del Rinascimento italiano;
  • una tavola eccezionale dipinta da un grande… architetto;
  • un’opera giovanile a firma di uno dei massimi maestri di questo periodo;
  • un dipinto capitale per la storia di Milano ma ancora oggi di autore ignoto;
  • un gigantesco telero eseguito da due fratelli veneziani di un certo talento.

Abbiamo scelto i 5 quadri più rappresentativi di questo periodo eroico dell’arte italiana, ma innumerevoli sono i capolavori rinascimentali esposti nelle sale della Pinacoteca di Brera.

E per pochissimi giorni, più di un secolo fa, qui nel museo milanese fece capolino – per una serie di fortuite circostanze – il quadro più famoso e sicuramente più enigmatico della storia.

Anche questo, opera di uno dei più grandi artisti rinascimentali italiani che per tanto tempo visse e operò qui a Milano.

Se sei pronto, nelle prossime righe sveliamo l’arcano: capirai meglio anche la citazione iniziale di questo articolo.

Il quadro dal sorriso enigmatico a Milano

Milano, 29 dicembre 1913.

In un gelido lunedì invernale, l’aria di Milano sembra praticamente immobile.

Ma non è tanto il freddo a sospendere il tempo e il respiro degli uomini, quanto l’evento eccezionale a cui una folla sconfinata di persone sta per assistere.

Quella mattina nelle sale della Pinacoteca di Brera, prende posto – al fianco di altri immensi capolavori – quello che è da sempre considerato il quadro più famoso della storia.

Alle ore 10 vengono aperti i cancelli del museo. Durante tutto il giorno si assiste ad un via vai di persone mai visto prima.

Alle cinque del pomeriggio iniziano le visite gratuite. A questo punto sta per succedere qualcosa di epico: fino a notte fonda, un fiume di persone si spingerà a Brera per ammirare il quadro, quasi fossimo al concerto di una moderna rock-star.

Alle tre di notte i cancelli vengono chiusi. C’è chi parla addirittura di 65.000 persone transitate davanti a quel sorriso ancora oggi così enigmatico.

Più volte le forze dell’ordine sono dovute intervenire per disperdere l’immensa folla assiepata davanti alle porte della Pinacoteca di Brera.

Una situazione ai limiti della realtà tra persone svenute, una calca inimmaginabile, urla, spintoni e una confusione generalizzata.

Ma cosa sta succedendo a Milano? Quale quadro, esposto soltanto per un giorno e una notte, ha letteralmente sconquassato il ritmo dell’operosa e ordinata città meneghina?

Quel giorno, faceva il suo ingresso nella Pinacoteca di Brera la Gioconda di Leonardo da Vinci.

In quelle poche ore, il sorriso enigmatico della Monna Lisa fu divorato dagli occhi febbrili dei milanesi e di tutti gli altri italiani giunti in città per un’occasione storica.

Il furto d’arte più eclatante della storia

Ora ci tocca capire la modalità rocambolesca con cui la Gioconda arrivò a Milano. Diciamo che non si trattò di un semplice prestito, come si usa fare oggi tra i grandi musei internazionali.

Per farlo ci spostiamo a Parigi, nel mese di agosto dell’anno 1911.

Durante il giorno di chiusura l’italiano Vincenzo Peruggia – che lavora al Louvre come decoratore – entra furtivo nel famoso museo francese.

Stacca la Gioconda dal muro, la nasconde sotto il suo pastrano e si allontana indisturbato dalla capitale francese facendo perdere le sue tracce.

Si compie così, con una semplicità inaudita, il furto d’arte più famoso ed eclatante della storia dell’umanità.

L’autore del furto del secolo più tardi dichiarerà che alla base della sottrazione della Monna Lisa vi era un intento patriottico: riportare in Italia il quadro rubato da Napoleone.

Il povero Vincenzo ignorava la conclamata verità storica: la Gioconda risiedeva da sempre in Francia, portata oltralpe direttamente da Leonardo da Vinci che qui morì nel 1519.

Eseguito il furto, Vincenzo Peruggia temporeggia per oltre due anni. Non è proprio così immediato piazzare la Gioconda sul mercato nero.

Nel dicembre del 1913 prova a venderla a un antiquario fiorentino che senza indugio lo denuncia per direttissima.

Incarcerato il ladro e recuperato il quadro, la Gioconda inizierà un veloce tour tra le città e i musei d’Italia prima di rientrare definitivamente al Louvre.

È questo il retroscena storico in cui va collocata la formidabile e brevissima esposizione del famosissimo quadro di Leonardo nella Pinacoteca di Brera di Milano.

Ora abbandoniamo la nostra dama dal sorriso enigmatico ma rimaniamo tra i meandri del Rinascimento, con le 5 opere del nostro percorso di visita nella Pinacoteca di Brera.

1 di 5: la Pala di Brera di Piero della Francesca

C’è una sala nella Pinacoteca di Brera che è una summa assoluta della pittura italiana e dell’intero Rinascimento italiano.

Si tratta della sala n. XXIV e qui sono conservate le prime tre opere del nostro percorso. Come vedremo, il fil rouge che le unisce è la città di Urbino nelle Marche – uno dei 54 meravigliosi siti UNESCO d’Italia.

In pimis, ammiriamo l’imponente pala d’altare dipinta da Piero della Francesca intorno al 1470 (datazione ancora incerta) e nota come:

  • Pala di Brera.

Si tratta di un’opera conosciuta con diversi nomi.

Pala di Brera, appunto perché conservata alla Pinacoteca di Brera, ma anche Pala Montefeltro dal Duca Federico di Montefeltro, signore di Urbino e committente del quadro.

Oppure Pala di San Bernardino, dalla chiesa omonima di Urbino in cui era collocata prima di arrivare nel museo milanese.

In realtà, siamo di fronte ad una Sacra Conversazione con la Madonna e il Bambino, i santi, gli angeli e Federico da Montefeltro – inginocchiato sulla destra e bardato da condottiero.

Nella storia dell’arte, si indica con il termine Sacra Conversazione un dialogo ideale su tematiche teologiche e dottrinali tra alcuni santi e la Madonna – che di solito viene raffigurata assisa su un trono con il piccolo Gesù in grembo.

Oltre ai forti rimandi simbolici – vale per tutti l’uovo di struzzo che pende dall’abside, emblema della purezza della Vergine – ci interessa in particolare sottolineare la limpidezza dell’impaginato architettonico entro cui si svolge la scena.

Siamo di fronte, senza mezzi termini, a uno dei punti più alti delle ricerche prospettiche della pittura rinascimentale di cui Piero è uno degli esponenti più geniali e autorevoli.

Un dipinto che da solo vale l’intera visita alla Pinacoteca di Brera.

2 di 5: il Cristo alla colonna di Donato Bramante

La seconda opera, sempre nella sala n. XXIV, è opera di un grandissimo artista rinascimentale formatosi in giovane età ad Urbino.

Senza dubbio, Donato Bramante è riconosciuto come uno dei maggiori architetti del Rinascimento: basti pensare ai due indimenticabili capolavori romani, come la chiesa più piccola di Roma e quella più grande.

Ma anche in pittura Bramante ha voluto dire la sua, come dimostra il celeberrimo:

  • Cristo alla colonna

splendida esecuzione su tavola datata intorno al 1490 circa – eseguita per l’Abbazia di Chiaravalle e in deposito alla Pinacoteca di Brera dal 1915.

Il corpo del Cristo ha un forte impatto scultoreo e non mancano i richiami ad un naturalismo di matrice nordica, che si materializza in dettagli realistici come le lacrime trasparenti, le vene e i nervi in evidenza e il laccio che stringe la carne e la pelle sul braccio sinistro.

Alle spalle della colonna con decorazioni classicheggianti, sulla sinistra si apre un paesaggio acquatico con delle montagne che tendono a sfumare in lontananza.

Praticamente nella tavola si ritrovano fusi insieme classicismo, naturalismo, realismo, studi prospettici: un’opera che riassume l’essenza stessa del Rinascimento.

3 di 5: lo Sposalizio della Vergine di Raffaello

La terza opera nella sala n. XXIV della Pinacoteca di Brera è il capolavoro giovanile di Raffaello Sanzio:

  • lo Sposalizio della Vergine

eseguito su tavola dal pittore urbinate nel 1504 per la chiesa di San Francesco di Città di Castello.

Il soggetto rappresentato – desunto da un dipinto analogo del Perugino – è quello dello sposalizio di Maria e Giuseppe.

Il rito viene officiato da un sacerdote mentre ai lati si dispongono, da una parte, le compagne di Maria e dall’altra i giovani che si erano visti superati dal più attempato Giuseppe, in quanto il suo bastone era stato l’unico a fiorire.

Tuttavia, il vero protagonista dell’opera sembra essere in secondo piano: si tratta del grande tempio, alle spalle delle figure in primo piano, dalle proporzioni classiche e dalla perfetta fattura architettonica.

La porta del tempio, aperta ad inquadrare un paesaggio lontano, è il punto focale della perfetta composizione prospettica in linea con i canoni propri del Rinascimento e con quanto teorizzato dai grandi artistici e matematici del tempo.

La padronanza dello stile e della tecnica sorprende ancor di più se si pensa che in quel momento Raffaello aveva solo 21 anni.

4 di 5: la Pala Sforzesca

Lasciamo la sala n. XXIV della Pinacoteca di Brera e il Rinascimento di matrice centro-italiana con perno ad Urbino per immergerci nel Rinascimento di Milano.

Città che negli ultimi decenni del 1400 seppe imporsi nello scenario internazionale dell’epoca, grazie alla politica di Ludovico il Moro – personaggio capitale per lo sviluppo della cultura e delle arti di Milano a quel tempo.

E proprio Ludovico Sforza è uno dei protagonisti della cosiddetta:

  • Pala Sforzesca

una tavola risalente al 1494 circa e attribuita ad un’artista ancora oggi non meglio identificato, noto semplicemente come il Maestro della Pala Sforzesca.

Nella pala viene rappresentata la Madonna in trono con il Bambino, i Dottori della Chiesa e la famiglia di Ludovico il Moro.

Si tratta di una sorta di manifesto politico volto a celebrare lo Sforza e l’acquisizione del potere e del titolo di Duca anche per investitura divina: non a caso è proprio Sant’Ambrogio a poggiare la sua mano sulla spalla di Ludovico in segno di protezione.

Il Maestro della Pala Sforzesca è un seguace di Leonardo, anche se non raggiunge la forza espressiva e stilistica del genio di Vinci.

Non bisogna dimenticare che proprio in quegli anni e per volere di Ludovico il Moro, Leonardo era alle prese con la difficile esecuzione del Cenacolo su una parete del refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano.

5 di 5: la Predica di San Marco in una piazza di Alessandria d’Egitto

L’altro polo geografico rinascimentale degnamente rappresentato qui alla Pinacoteca di Brera è quello veneziano.

Abbiamo già visto i pittori veneti e veneziani in azione nelle sale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. E molti di quei nomi – capitali per la storia dell’arte – li ritroviamo anche qui a Milano.

Abbiamo scelto l’opera più iconica presente qui a Brera e proveniente direttamente da Venezia:

  • la Predica di San Marco in una piazza di Alessandria d’Egitto

il telero dei fratelli Gentile e Giovanni Bellini datato tra il 1504 e il 1507 e dalle dimensioni colossali di circa 3,50 metri di altezza e quasi 8 metri di lunghezza.

L’opera fu commissionata a Gentile Bellini per decorare il salone della Scuola Grande di San Marco a Venezia e a lui si deve l’impianto scenografico del telero.

I forti e suggestivi richiami all’oriente non sono mediati da testi o da altre opere ma sono di prima mano, perché Gentile, alcuni anni prima, aveva soggiornato a Costantinopoli ospite del sultano Maometto II.

Prima della sua morte, essendo il telero incompiuto, Gentile chiese che fosse proprio il fratello Giovanni a portarlo a termine, e alla mano di quest’ultimo si deve, quasi sicuramente, il severo gruppo di astanti sulla sinistra.

Un contributo quasi minimo, ma decisivo, da parte di uno dei più grandi pittori del Rinascimento su un’opera unica ed emozionante per il crogiolo di persone, animali e architetture che la compongono.

Non finisce qui

Riferendoci ancora al Rinascimento, le opere da citare presenti nella Pinacoteca di Brera sono ancora tante e tutte di grandissimo rilievo.

Se dovessimo passare anche agli altri periodi storici, non basterebbero altri 10 articoli per coprire la vastità degli artisti e dei quadri presenti qui nella sale della Pinacoteca di Brera.

Sicuramente, siamo alla presenza di un museo unico in cui sarà impossibile non tornare con un nuovo e straordinario percorso di visita.

Nel frattempo non perdere i tantissimi eventi organizzati continuamente dalla Pinacoteca di Brera: è il modo più bello di ascoltare le mille storie contenute in questi quadri incredibili.

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“L’arte spazza la nostra anima dalla polvere della quotidianità.”
Pablo Picasso

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